Dall’inizio del 2024, sono 98 i femminicidi avvenuti in Italia. Questo numero, nonostante sia in calo rispetto al 2023, quando i femminicidi sono stati 112, è parallelamente accompagnato da un esponenziale aumento delle segnalazioni al numero antiviolenza. Infatti, nel 2024, le richieste all’1522 (Numero antiviolenza e antistalking) sono aumentate del 57% rispetto all’anno precedente.
Una dei motivi principali che scoraggiano le donne dal denunciare le violenze è la dipendenza economica dai partner. La situazione economica delle donne, in Italia, è infatti molto preoccupante. Secondo uno studio, 1 donna su 6 vede il suo stipendio finire direttamente nelle tasche degli uomini, facendole risultare ancora più dipendente quindi dal proprio partner. Questa circostanza porta le donne ad avere un certo timore nel denunciare abusi e violenze, per la paura di perdere il poco che sono riuscite ad ottenere.
Le leggi italiane sono tra le più avanzate in Europa in termini di pene per chi abusa, con frequenti aggiornamenti e inasprimenti. Ciò che desta dubbi è la loro applicazione: il tempo effettivo tra denuncia e intervento delle Forze dell’Ordine è infatti troppo elevato, rendendo vani gli sforzi e il coraggio. Le vittime vanno protette con maggiore velocità, ed è necessario velocizzare gli iter per intervenire prima che sia troppo tardi.
Come si possono cambiare le cose? È fondamentale partire dalle basi: insegnare ai ragazzi il rispetto reciproco è fondamentale e sta diventando sempre più necessario. La tanto decantata Educazione Civica è insufficiente, non tanto per il messaggio che si vuole trasmettere, ma per l’importanza e il tempo che le viene dedicata. È infatti obbligatoria soltanto un’ora a settimana di Educazione Civica nelle scuole, ed è evidente che questo numero è insufficiente, soprattutto alla luce del considerevole aumento di fenomeni come baby gang, bullismo, omofobia e, per l’appunto, violenze sulle donne.
Il 25 novembre è tutti i giorni: Basta alla Violenza!
È necessario un intervento di educazione già dalle scuole primarie, con laboratori e progetti dedicati all’esaltazione del rispetto e dell’uguaglianza. Questo significa non fermarsi a discorsi o parole di facciata, non interessarsene soltanto in una giornata come il 25 novembre, ma portare questi frutti nella quotidianità, nelle famiglie e nelle strade.
È centrale anche la questione “autonomia”: le donne, spesso, non sono messe nelle condizioni di poter essere autonome. Secondo un dato dell’Unione Europea, a parità di ore, le donne dell’UE sono pagate il 12,7% in meno rispetto agli uomini, e in molti casi sono costrette a lasciare il lavoro in seguito alla maternità. Bisogna eliminare gli ostacoli che non permettono alle donne di vivere in modo autonomo, così da metterle in una posizione paritaria che permetta loro di avere potere su se stesse.
Ricordiamo che la violenza non è solo fisica, ma può manifestarsi anche sotto forma di sagome più subdole, quasi invisibili. Bisogna intervenire sulle radici: il rispetto delle donne deve essere totale e incondizionato, senza ricadere in cliché che le riducano in oggetti, o in semplici creature dipendenti dagli uomini. Serve impegno collettivo, un approccio multifaccettato che includa interventi legislativi, educativi e culturali. Questa battaglia riguarda tutti: uomini e donne, adulti e giovani, in un cammino comune verso una società più giusta e paritaria.
a cura di Lorenzo Crea & Luigi Graziano Di Matteo