1° Luogotenente Massimiliano Latorre, Sottufficiale della Marina Militare Italiana, fuciliere, della Brigata Marina San Marco, Comandante del Team NMP (Nucleo Militare di Protezione) nell’ operazione Antipirateria, costituita con un D.L. per contrastare gli atti pirateschi, che rendevano la navigazione altamente insicura con numerosi attacchi alle Unità Mercantili nell’ Oceano Indiano, dei due fucilieri della Marina Militare coinvolto insieme al suo collega Girone, nel noto caso Enrica Lexie, che per anni ha infiammato il dibattito politico e giudiziario tra Italia e India. Nel 2012, vennero accusati dell’uccisione di due pescatori indiani al largo del Kerala.
Una vicenda che ha avuto risvolti diplomatici, legali e mediatici per oltre un decennio. L’assoluzione definitiva è arrivata nel 2022, con la conferma dell’estraneità ai fatti.
Oggi, il 1° Luogotenente Massimiliano Latorre è in pensione e ha scelto di raccontare la sua esperienza in un libro: Il sequestro del marò. Lo abbiamo intervistato per ripercorrere una pagina complessa della storia recente italiana.

Massimiliano Latorre, dieci anni sotto accusa. Come si vive un’esperienza del genere?
È stata una grande ingiustizia. Non solo come uomo, ma come militare al servizio dello Stato. Lavoravo nel Reggimento San Marco, ero in missione e consapevole del pericolo reale, pericoli a cui noi militari siamo abituati, ma il ritrovarsi accusati di omicidio, nella consapevolezza dell’innocenza, è stato per me devastante. Lo è stato anche perché consapevole di rappresentare il lavoro ed i sacrifici di tanti colleghi e colleghe, ed un modo di operare che i soldati italiani non hanno.

In India si profilò persino il rischio della pena di morte.
Sì, ed era un rischio concreto. Le indagini furono affidate alla NIA, un’agenzia che si occupa di crimini legati al terrorismo, al traffico d’armi e droga.
Fummo trattati e sui media indiani additati come terroristi, al solo scopo di giustificare la competenza delle indagini alla sopracitata agenzia NIA e l’applicazione del SUA ACT, cioè una legge che prevede la pena capitale. Alla fine di agosto 2014, dopo un ictus, rientrai in Italia per motivi di Sanitari e successivamente subii un intervento al cuore a Milano.
Che cosa ha significato, dopo tanti anni, l’assoluzione?
È stato un sollievo amaro. Da una parte, finalmente la verità: eravamo innocenti. Dall’altra, la delusione per il silenzio che ha accompagnato quella notizia. Nessun titolo in prima pagina, nessuna apertura nei TG, solo qualche trafiletto. Al contrario, di quanto accadeva prima quando, etichettati come assassini. 10 Mesi dopo, circolò la falsa notizia su tv giornali con i grandi titoloni, che avevo avviato una causa allo Stato chiedendo un risarcimento milionario a. Non era vero, non è nel mio stile.
Fui esortato da più fronti a rilasciare una smentita, ma non volli farlo perché non ero io che avrei dovuto farlo, anzi mi aspettavo che altri, titolati molto più di me, lo avrebbero fatto, tutelandomi così da infamie, ma così non fu.
Se qualcuno avesse voluto riconoscere qualcosa e non parlo solo dal punto di vista meramente economico, lo avrebbe dovuto fare spontaneamente.

Che ruolo ha avuto la tua famiglia in tutto questo?
Fondamentale. Mia moglie Paola ha rispettato la mia scelta da Militare, e cioè, di mantenere il silenzio.
Da militare, ho sempre creduto che la discrezione fosse la via più dignitosa, anche nei momenti più duri. Paola mi ha supportato in ogni passo, con coraggio e riservatezza.

Nonostante tutto, l’affetto degli italiani non è mai mancato.
Vero. Gli Alpini, le associazioni d’arma, tantissimi cittadini comuni non ci hanno mai fatto sentire soli. Hanno mantenuto alta l’attenzione sulla vicenda con manifestazioni e iniziative, del tipo i fiocchetti gialli sui vestiti o sul bavero della giacca, adesivi sui taxi e bus urbani con la dicitura Marò Liberi, o riportate a casa i Nostri Marò, ogni occasione era buone per promuovere iniziative in tutta Italia.
Una situazione del tutto analoga di verificò quando anche la Ducati, in MotoGp, voleva usare riferimenti a sostegno della nostra causa.
Ricordo quando il Team della Ferrari, in Formula 1, voleva gareggiare al gran premio d’India, con il fiocco giallo stampato sulle vetture e rischiò addirittura di essere espulsa dal gran premio, se non avesse tolto il fiocco; lo tolsero per partecipare ed al suo posto applicarono l’ adesivo della Marina Militare .
Tutto questo, anche per loro che ho scritto Il sequestro del marò. Non è un atto d’accusa, ma una testimonianza emotiva. Non ho mai puntato il dito contro nessuno, anche se sono stato la parte lesa.



Il libro sta avendo un grande riscontro. Come vivi le presentazioni?
È sempre un’emozione. Non è facile rivivere certi ricordi, ma è anche un modo per ringraziare gli italiani. Avevo promesso che, una volta finita la vicenda, avrei stretto loro la mano. Oggi lo sto facendo. Abbiamo già superato le 95 presentazioni, da Nord a Sud.
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Un momento che ti ha colpito particolarmente?
L’interesse dei più giovani. Molti oggi hanno 18-20 anni e all’epoca erano bambini. Si avvicinano, fanno domande, vogliono capire. È un confronto prezioso. Noi adulti diamo per scontato che tutto sia chiaro, ma non è così. È importante dialogare con loro e trasmettere valori, anche attraverso esperienze dolorose come la mia.

Dopo il congedo, come stai vivendo questa nuova fase della tua vita?
Sono andato in pensione a maggio dell’anno scorso. Ero fisicamente e psicologicamente provato. Oggi sto cercando di ricostruire la mia vita, con mia moglie al mio fianco. Collaboro con l’Associazione Nazionale Carabinieri e con gli Alpini. Mi sono anche abilitato come pilota soccorritore per moto d’acqua. Se posso dare una mano, lo faccio volentieri e sempre al servizio della Comunità.
C’è un messaggio che vorresti lanciare oggi?
Grazie per questa opportunità. Non è un vero e proprio messaggio, ma vorrei che noi tutti insieme fossimo davvero riconoscenti a chi si adopera ogni giorno per la nostra salute e sicurezza, regalando loro, quando li incontriamo, un semplice ma ricco sorriso.
Dobbiamo essere loro riconoscenti ogni giorno e non solo quando abbiamo necessità del loro operato. Un sorriso arricchisce sì chi lo riceve, ma credetemi fa sentire meglio anche chi lo dona.
Grazie a tutti gli Italiani e non solo per quanto mi hanno donato , e mi donano ancora oggi in termini di affetto e solidarietà; voglio dimenticare chi mi ha fatto e chi mi fa del male, e valorizzare ed esprimere loro la mia riconoscenza, anche a chi ha rivolto anche un solo pensiero nei miei confronti.

Grazie amici ed amiche, grazie Italiani, sempre vostro Massimiliano!
Grazie, Massimiliano Latorre, per aver condiviso la tua storia. Un racconto che non riguarda solo te, ma l’intero Paese.
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