«Io non sono una collezionista. Io sono un museo». In questa frase fulminante di Peggy Guggenheim è racchiusa tutta la determinazione di una donna che ha vissuto l’arte non tanto come ornamento, piuttosto come missione. A quarant’anni dalla sua morte, la sua eredità continua a pulsare nelle stanze affacciate sul Canal Grande di Venezia, dove la Collezione Peggy Guggenheim è oggi uno dei più importanti musei italiani dedicati all’arte europea e americana del XX secolo.
Ma chi era Peggy Guggenheim?
Le origini di Peggy Guggenheim
Peggy nasce a New York il 26 agosto 1898, da una delle famiglie più ricche d’America. Suo padre, Benjamin, muore nel naufragio del Titanic nel 1912. Cresciuta in un ambiente finanziariamente privilegiato ma emotivamente fragile, Peggy si trasferisce in Europa nel 1921. A Parigi si immerge nella scena artistica, tra surrealisti, scrittori e scultori, stringendo amicizie con Duchamp, Brancusi, Djuna Barnes.
Nel 1938 apre a Londra la sua prima galleria d’arte, la Guggenheim Jeune. Qui comincia ad acquistare opere e a costruire, giorno dopo giorno, quello che diventerà il suo museo personale.
L’obiettivo è chiaro e Peggy lo ripete a più riprese: «comprare un quadro al giorno».

Credit – Peggy Guggenheim Collection
Art of This Century: la sfida americana
Scoppiata la guerra, Peggy si rifugia negli Stati Uniti e nel 1942 apre a New York Art of This Century, una galleria rivoluzionaria progettata da Frederick Kiesler. Nelle sue sale si tengono le prime personali di artisti destinati a diventare leggende: da Jackson Pollock a Mark Rothko, Clyfford Still e Robert Motherwell.
Ma non solo uomini: Peggy promuove anche artiste come Janet Sobel e Irene Rice Pereira, dedicando loro mostre individuali in un’epoca ancora restia a riconoscere le donne nell’arte.
«Sapevo bene quale fosse la responsabilità di aprire questa galleria mentre nel mondo si combatteva per la libertà», scrive in un comunicato stampa del 1942. L’arte, per Peggy, era una forma di resistenza.

Credit – Peggy Guggenheim Collection
Il ritorno in Europa: Venezia come destino
Dopo la guerra, nel 1947, Peggy decide di rientrare in Europa. L’anno seguente, la sua collezione viene esposta alla Biennale di Venezia nel padiglione greco: è la prima volta che il pubblico europeo vede opere di Pollock, Rothko e Gorky. Il successo è immediato.
Peggy acquista quindi Palazzo Venier dei Leoni, edificio settecentesco incompiuto sul Canal Grande. È qui che si trasferisce definitivamente e dove inizia a esporre la sua collezione privatamente, aprendo le porte al pubblico già dal 1951. Tra le mura di quel palazzo, l’arte si respira come ossigeno.

Credit – Peggy Guggenheim Collection
Un museo vivente
Negli anni ’50 e ’60 Peggy continua ad acquistare opere e a sostenere artisti. Tra gli italiani, promuove Tancredi Parmeggiani, Emilio Vedova, Piero Dorazio ed Edmondo Bacci. Offriva loro non solo denaro, ma anche spazi creativi: Tancredi, ad esempio, aveva uno studio nel seminterrato del palazzo veneziano.
Senza mai porsi limiti, Peggy decise di affiancare all’arte occidentale artefatti africani, oceanici e precolombiani nelle sue sale, mescolandoli con le opere moderniste europee.
Un atto che oggi viene letto in chiave critica: la decontestualizzazione di questi oggetti è vista come una forma di appropriazione culturale, un riflesso della mentalità elitaria e colonialista dell’epoca. Eppure, alcuni studiosi suggeriscono che il gesto di Peggy avesse anche una connotazione antifascista, una risposta all’ideologia nazista che definiva l’arte moderna “degenerata”.
Un’eredità che vive ogni giorno
Oggi la Collezione Peggy Guggenheim è uno dei poli museali più visitati d’Italia, con oltre 400.000 visitatori l’anno. Ma più di tutto, è una testimonianza vivente della visione di una donna che ha fatto dell’arte la sua missione. Peggy non si è limitata a raccogliere opere: ha creduto negli artisti prima del mercato, ha sfidato le convenzioni, ha costruito una casa per l’avanguardia in una città d’acqua e di storia.
La collezione permanente è un viaggio nell’arte del Novecento, con capolavori del Cubismo, del Futurismo, dell’Astrattismo europeo, del Surrealismo e dell’Espressionismo astratto americano. Tra gli artisti presenti: Pablo Picasso, Salvador Dalí, Max Ernst, René Magritte, Jackson Pollock, Mark Rothko, Joan Miró, Giorgio de Chirico, Alexander Calder, Paul Klee e molti altri. Presenti anche le opere di artisti non appartenenti al mondo occidentale.
Il museo è aperto tutti i giorni (tranne il martedì), dalle 10:00 alle 18:00, con ultimo ingresso alle 17:00. Il biglietto intero costa 16€, ridotto 14€ per over 65 e titolari di tessere convenzionate, e 9€ per studenti fino a 26 anni. L’ingresso è gratuito per bambini fino a 10 anni, persone con disabilità e membri della Fondazione Guggenheim.
Le visite guidate, disponibili in più lingue, e le audioguide arricchiscono ulteriormente l’esperienza, rendendola accessibile anche a chi si affaccia per la prima volta all’arte del XX secolo.
Iniziative educative, mostre temporanee, laboratori per bambini e programmi di inclusione culturale fanno del museo un’istituzione viva, in continua evoluzione. Proprio come Peggy avrebbe voluto.
E così, anche oggi, tra un quadro di Pollock e uno schizzo di Kandinsky, lo spirito di Peggy Guggenheim continua a parlare.
È stata, come amava definirsi, un museo. E lo è ancora.