Rivista online

Lo stile Baudo, la tv che serve al paese

Condividi

Sabato sera Pippo Baudo ci ha lasciato.

In questi giorni tutti hanno scritto qualsiasi cosa sul grandissimo conduttore siciliano che ha impresso indelebilmente il suo nome nell’Olimpo dei grandi della televisione italiana. Lo hanno ricordato i tantissimi artisti che ha lanciato, i colleghi che ha cresciuto, i dirigenti della tv di Stato che ha conosciuto. Per lui hanno espresso parole di sincero cordoglio anche le massime autorità dello Stato.

E del resto lo stesso Baudo era, senza dubbio, un’istituzione. Sì è detto del suo record di conduzioni del Festival (ben tredici) e di come abbia profondamente cambiato l’intrattenimento catodico del paese nel corso del tempo. Scrivere quindi questo editoriale risulta davvero difficile perché è elevato il rischio che si perda fra le migliaia di analisi su ciò che ha rappresentato Pippo Baudo.

E non sono neanche d’accordo con chi, con un pizzico di acidità, di troppo ha detto che queste celebrazioni post mortem siano eccessive. Mi vorrei concentrare sulla quantità immensa di parole spese dalle persone comuni. Sono quelle il vero termometro di quanto un artista, una personalità pubblica, un uomo di spettacolo, chiunque abbia un’esposizione così forte, sia effettivamente amato. A giudicare da quello che tutti abbiamo letto sui nostri social, possiamo certamente affermare che Pippo Baudo era amato da una moltitudine di italiani da nord a sud, un uomo trasversale rispetto alle generazioni e alle classi sociali

È banale ridurre il tutto al fatto che Baudo fosse un “democristiano di ferro”, come pure è stato definito. Che lo fosse non c’era il minimo dubbio. Probabilmente però quello che ha davvero reso grande Baudo sta nella definizione che l’ex presidente della Rai Manca gli diede: nazionalpopolare.

All’epoca Baudo se ne dispiacque. Ma non c’è dubbio che ha rappresento la sua “etichetta” più giusta. Essere nazionalpopolare in fondo significa parlare a tutto il paese, provando ad unirlo con sobrietà e compostezza senza per forza aizzare gli istinti più beceri. Per chi fa televisione al giorno d’oggi sembra quasi che parlare alla pancia degli italiani sia una necessità. Certo, ci sono tante eccezioni positive, ma è indubbio che la differenza con lo stile classico e garbato di Baudo e di quelli come lui è enorme.

Probabilmente questa grande partecipazione alla sua scomparsa denuncia un’esigenza profonda che c’è fra gli italiani. E cioè il bisogno di tornare ad avere un’informazione sobria, un intrattenimento ma non volgare, una comunicazione semplice pur senza infingimenti.

Questa è la grande lezione che Pippo Baudo ci lascia. Si possono fare ascolti importanti, si può fare uno spettacolo gradevole senza per forza lisciare il pelo alle mode del momento. È vero che i tempi sono cambiati, è vero che all’epoca di Pippo non c’erano i social con l’influenza che hanno oggi. È vero anche che i linguaggi della televisione sono diversi. Ma una società così segnata da violenze urbane di vario tipo, impaurita da conflitti internazionali che sembrano non riuscire a cessare, spaventata da un futuro sociale ed economico all’insegna del precariato, ha molto probabilmente bisogno di pacatezza e di figure rassicuranti, non solo in politica ma anche in TV.

Ecco, lo stile di Baudo può essere un monito per coloro i quali, a torto o a ragione, aspirano a seguire le orme.

Foto di copertina credit: Gazzetta di Malta

Pubblicato il
20/08/2025
Scritto da