È in procinto di sbarcare a Bologna un trio delle meraviglie che ha fatto la storia dell’arte visiva e del costume del Novecento: Warhol, Haring e Basquiat. Inaugurerà l’11 Marzo a Palazzo Belloni, nel pieno centro storico della città felsinea, la mostra «Warhol Haring Basquiat – Art, Music and Fashion».
LA MOSTRA E LA MUSICA
La mostra, organizzata da Next Exhibition e curata da Edoardo Falcioni, durerà fino al 18 giugno e sarà incentrata sul rapporto dei tre artisti con l’ambiente musicale e quello culturale, profondamente underground, della New York dei primi anni Ottanta.
Warhol e la musica: The Velvet Underground e I Rolling Stones
Essa avrà un focus importante proprio sulla musica – come dice anche il titolo stesso dell’esibizione. Ci sarà la celeberrima copertina del dirompente primo album dei Velvet Underground, “The Velvet Underground & Nico”, del 1967, disegnata da Andy Warhol – quella con la banana in primo piano e la scritta “Peel slowly and see”: sbucciando la banana, ne usciva un’altra sottostante rosa… Di certo si tratta della copertina musicale più famosa di tutti i tempi – oltre che di uno degli album più influenti della musica contemporanea: non vi era il nome della band, eppure era noto che l’album fosse dei Velvet Underground anche per la memorabile cover di Warhol, che fu loro produttore.
Egli disegnò altre cover: sarà in mostra quella dell’album “Sticky Fingers“ dei Rolling Stones e diverse polaroid originali che ritraggono importanti musicisti del tempo e loro chitarre autografate. Della fotografia Warhol diceva: “Io porto la mia macchina fotografica ovunque vada. Avere un nuovo rullino da sviluppare mi dà una buona ragione per svegliarmi la mattina”. In mostra anche tre rare serigrafie realizzate da Andy Warhol su T-Shirt raffiguranti ciascuna i volti dei tre artisti.
Jean-Michel Basquiat 1982 © James Van der Zee Archive
Basquiat e la musica: il be bop
Basquiat disegnò la copertina di una canzone, Beat Bop, singolo be bop di Rammellzee e K-Rob del 1983: una delle 500 rarissime copie sarà presente alla mostra. Basquiat amava invece il jazz e le sue plastiche sperimentazioni. Anche Haring realizzò delle cover musicali, ammirabili anch’esse a Bologna.
NEW YORK NEGLI ANNI OTTANTA
Andy Warhol – classe 1928 – è considerato il padre spirituale e artistico di Jean-Michel Basquiat (nato nel 1960) e Keith Haring (del 1958). La città atlantica è il luogo dove si muovono i corpi e le proiezioni del genio di Pittsburgh, del talentuoso e fragile creolo e dell’impegnato artista di Reading. Le loro esistenze si mischiano ai bassifondi come ai locali dell’East Side. I Velvet Underground ancora incarnano, negli anni Settanta, lo spirito inquieto della città mentre si afferma la new wave (Television, Suicide, per dire di due band che ebbero base a New York), ma anche, esulando dal genere, Linda Ronstadt e Billy Joel.
Gli eccessi: droga, sesso estremo e disperato
La droga che scorreva a fiumi incorniciava – e imprigionava – le esistenze ed esaltava certe creazioni, in particolare quelle di Basquiat. Il sesso comprato, venduto, anelato, violentemente alla ribalta, la vita portata all’estremo… da quegli eccessi non si è salvato Basquiat, calamitato dall’eroina, mentre Haring fu colpito dall’AIDS.
Il graffitismo
Il graffitismo dei due è antesignano di tanta arte contemporanea; gli stessi Banksy e TV Boy probabilmente non ci sarebbero stati se dall’altra parte dell’oceano Basquiat e Haring non avessero portato alla risonanza mondiale l’arte di strada La loro pittura murale politicizzava le strade e personalizzava luoghi di passaggio, palazzi, edifici simbolici o invece anonimi, quei colori e quelle scritte anche di protesta, spesso colorate, rivendicavano diritti mancanti, o solo davano voce e volto a chi non ne aveva. Originalità e periferia, denuncia e dichiarazione visiva di bellezza.
Il fermento
La grande mela visse a cavallo dei decenni Settanta – Ottanta un periodo oscuro e, al contempo, esplosivo: vi era un fermento, una tensione alla creazione, alla sperimentazione di sé e dei propri corpi, di pratiche di condivisione, di limiti portati oltre l’immaginazione. In questo clima fervente giovani artiste e artisti si avvicendavano nella Factory fondata da Andy Warhol, oltre che in locali pullulanti di musica ed eccessi – ricordo il celebre Club 57 nell’East Village, di cui Keith Haring fu curatore artistico – e abitavano notti infinite e pericolosamente in bilico tra esperienze estreme e artistica dissoluzione.
Erano gli anni immediatamente successivi al climax di guerra e di incendi del Bronx, alle proteste del 1975, a film drammatici come Taxi Driver. New York era ancora sporca, selvaggia, pericolosa. E vitalissima. Questo posto hanno vissuto i tre artisti e che tutto ciò che avveniva e New York in quegli anni non abbia influenzato la loro opera è pressoché impossibile.
ANDY WARHOL
Il genio
Poliedrico, inarrestabile, vulcanico, in una parola, geniale, Andy Warhol è stato pittore, scultore, pubblicitario, performer, sceneggiatore, regista, produttore di artisti. Sarà il fulcro della mostra bolognese. Andrew Warhola – questo il suo vero nome, famiglia di origini slovacche – ha rivoluzionato il concetto di artista, diventato con lui imprenditore di sé stesso. Ha rivoluzionato il concetto stesso di arte e quello di modernità. Il suo soprannome era “Drella”, una contrazione tra Dracula e Cinderella. Nel 1990 Lou Reed e JOhn Cale intitoleranno un album “Songs for Drella”, dedicandolo al genio.
La Pop Art e la cultura alternativa
Approdato a New York da Pittsburgh, iniziò a collaborare con la rivista “Glamour” e, nel 1962, utilizzò il concetto di pop art: la presentazione di dipinti, poi di oggetti, risalenti al consumo di massa. Celebri sono i pomodori Campbell, poi hamburger, Coca-Cola. Anche celebrità come Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor, Mick Jagger e Mao Zedong ricaddero nel territorio di humour & glamour del nuovo corso ispirato al sempre più imperante capitalismo. Il suo studio d’arte “The Factory”, aperto nel 1964, è stato frequentato anche dal suo carissimo amico Lou Reed che ha poi descritto alcuni personaggi considerati trasgressivi, della cosiddetta “cultura alternativa” (un attore bisex, diverse transessuali) che lì vi si recavano nella nota “Walk on the wild side”.
La fama, la bella vita, il capitalismo
L’amore di Warhol per il denaro e la fama, per i viaggi, per la bella vita sono uno specchio della sua arte che pare restare in una vivace neutralità, descrivendo gli sviluppi e gli eccessi dell’economia di mercato e facendo entrare il pubblico (e, quindi, la collettività) in questo sistema in cui a predominare sono l’immagine e la superficie, i colori, gli oggetti, la trasgressione e il consumo – in una parola, l’estetica – e non la riflessione, l’introspezione, la sobrietà, la denuncia e l’impegno, la ricerca – in una parola, l’etica. Eppure, Warhol ha rivoluzionato il concetto di arte, di estetica della musica, il costume, ha sdoganato la difficoltà di riconoscersi nel mondo in continuo divenire, pieno di messaggi legati alla materialità e al godimento, ci ha fatto immergere con consapevolezza e lucidità – dunque, con spirito critico – nel consumismo capitalista.
KEITH HARING
Una street art sociale
Nativo della Pennsylvania, assecondato dal padre nel suo talento per il disegno, è considerato, insieme a Basquiat, il fondatore della street art: un messaggio universale per ogni ceto sociale. Il suo obiettivo era infatti disegnare per tuttә. Influenzato dalla Pop Art di Warhol, usava colori molto accesi. Arcinoti sono i suoi omini danzanti. Iniziò a disegnare nella metropolitana, nelle strade. E disegnava anche simboli del consumismo di allora: le televisioni, ad esempio, e i computer che iniziavano a fare capolino.
Il Pop Shop
La sua fortuna si consolidò nel 1986, quando aprì a SoHo il Pop Shop, un negozio dove tutti potevano acquistare le sue opere e il suo merchandising, composto da gadget e t-shirt su cui erano rappresentate le sue opere. Già malato di AIDS, morì a neanche 32 anni nel 1990. Ebbe il tempo, per fortuna, di disegnare sui muri delle principali città anche europee, e volle lasciare il suo contributo di vivace afflato universalistico sul muro di Berlino.
Arte come inno alla vita
Se da un lato la sua arte è un richiamo ai problemi del tempo (Aids, droghe, razzismo, disuguaglianze sociali, discriminazioni sessuali), dall’altro è un inno alla vita, all’amore, al sesso, alla musica, alla felicità, alla condivisione. A differenza di altri street artist, infatti, Haring amava condividere anche il momento della creazione con le persone: infatti gradiva quando ci si fermasse ad osservarlo mentre produceva. Un atto di apertura e fiducia, una vera volontà di rendere il più possibile collettivo il processo e il prodotto artistico.
JEAN-MICHEL BASQUIAT
Unico dei tre autoctono, seppure con origini haitiane per parte di padre, portoricane per parte di madre, Basquiat divenne noto a meno di vent’anni, grazie all’incontro con Warhol, che cercò fortemente e al quale si propose con determinazione. Scappato di casa a 15 anni da una situazione difficile – la madre aveva problemi psichiatrici: entrava e usciva da ospedali -, dormiva dove capitava, si prostituiva per campare e, intanto, creava, negli anni ’70, graffiti con l’amico Al Diaz – incontrato alla scuola di arte. I due assunsero il nome di SOMA e scrivevano frasi critiche sulla società e la politica sui muri della città. Basquiat descrisse la sua arte così: “Royalty, heroism, and the streets”.
Eleganza e dipendenza
Quasi unico nero tra bianchi, si distingueva per la sua eleganza e bellezza, le critiche al capitalismo e all’ipocrisia contemporanea e per il suo ricorso estremo alla droga, sua compagna fin da ragazzino. La droga lo uccise a 27 anni, poco dopo la morte del suo punto di riferimento, Andy Warhol, dolore che probabilmente lo portò ad aumentare l’uso di eroina. L’opera di Basquiat è da alcune.i avvicinata al neo-espressionismo, per l‘uso di figure antropomorfe colorate di nero, rosso, verde.
UN’OCCASIONE UNICA
La comprensione della complessa contemporaneità del Novecento passa di certo per l’arte visuale e questi tre artisti ne sono trama portante e tessuto estetico ed etico imprescindibile. Questa mostra li mette insieme, per la prima volta, dando rilevanza alla liaison tra pittura, fotografia e musica, due delle più alte e coinvolgenti espressioni dell’arte e dell’animo umano. La mostra di Basquiat, Haring e Warhol è quindi un’occasione unica per vederne le interazioni e per ritrovare dogmi, crisi, creazioni e rivoluzioni del nostro tempo,
INFORMAZIONI
La mostra verrà inaugurata l’11 marzo 2023 e durerà fino al 18 giugno 2023.
Orari
- Mercoledì-venerdì, ore 10.00 – 18.00
- Sabato, ore 10.00 – 19.00
- Domenica, ore 10.00 – 18.00
N.B. – L’ultimo ingresso avviene sempre un’ora prima dell’orario di chiusura.
In caso di aperture speciali, gli orari saranno tempestivamente comunicati sui canali ufficiali:
FB /nextexhibition
IG next.exhibition
Chiusura
Giorni di chiusura settimanale: lunedì e martedì
Biglietti e prezzi
- Biglietto: € 12,00 + diritti di prevendita
I biglietti per la mostra “Warhol Haring Basquiat” saranno acquistabili presso la biglietteria di Palazzo Belloni (nei giorni e negli orari di apertura della stessa) e online, sul sito di TicketOne (per il momento ci risulta acquistabile il solo biglietto open).
N.B. – Le prenotazioni online vanno effettuate 24 ore prima della visita.
Palazzo Belloni
Palazzo Belloni – Via de’ Gombruti 13/a – 40123 Bologna
Contatti
Next Exhibition Srl
Corso Regina Margherita 371/10 – Torino
Telefono: +39 011 192 147 30
Palazzo Belloni
Email: info@warholharingbasquiat.it
Telefono: +39 051 199 078 66
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