Via del Pratello è una delle strade più importanti di Bologna, della Bologna autentica, della Bologna libera, della Bologna resistente.
DOVE SI TROVA VIA DEL PRATELLO
Situata a ridosso del quartiere Saragozza, subito dopo la famosa “T” del centro di Bologna (Via Rizzoli, via Ugo Bassi e via Indipendenza), questa strada lunga e piena di vita si trova tra Piazza Malpighi e Porta Sant’Isaia, tra Piazza San Francesco e una serie di stradine come via Paradiso, via Pietralata, via Calari, ed è parallela a via San Felice, dall’altro a via Sant’Isaia.
LA SUA STORIA
La storia di questa strada è antica: le sue prime tracce risalgono all’epoca romana. Le tre cinte murarie di Bologna si sono succedute nei secoli, man mano che la città aumentava di dimensioni. Esclusa dalla cinta muraria dell’Alto Medioevo, la “cerchia dei Torresotti o del Mille”, che terminava con Porta Nova, a poche decine di metri, via del Pratello rimase un posto di scarsa rilevanza antropica. Forse restò campagna per alcuni decenni – l’odonimo deriva probabilmente da pero, una delle piante presenti in quelle zone nei secoli passati.
Si legga: https://in-italy.eu/in-famiglia/pasquetta-a-bologna-luoghi-e-curiosita/
IL POPOLAMENTO
Poi iniziò a consolidarsi – dal XIII secolo – durante la fase di espansione della città, tra la seconda cerchia di mura e l’ultima cerchia, trecentesca. E cominciò ad essere abitata e assumere vivacità. Era chiamata Pradello; la versione Pratello comincia ad essere usato solo dalla metà del XVIII secolo.
IL PRATELLO DALL’800
Nell’Ottocento era abitato da persone del popolo, ma anche da scaltri truffatori; le lavandaie andavano a lavare i panni nei canali del fiume Reno che attraversava la città – allora scoperti. All’inizio del Novecento vi si trasferirono delle prostitute e la frequentazione – e conseguente reputazione – del luogo peggiorò. Poi, proprio su questa realtà così precaria e popolare, s’innestarono istanze di socialità e condivisione.
UNA STRADA DI COMUNITA’
Via del Pratello è stata infatti sì una strada di povertà e di precarietà, ma anche di dignità e vicinanza, dove i ladri e le “lucciole” si mescolavano alle persone residenti, per lo più di umile condizione, e convivevano in maniera aperta e solidale. La vita del Pratello è stata una vita di “comunità”.
IL PRATELLO NEL DOPOGUERRA
La clandestinità e la Resistenza, la Liberazione e il dopoguerra, l’osteria dove si pagava a tempo, l’ex-manicomio Roncati con i letti di contenzione, il Circolo Pavese, la mitica Radio Alice, le case occupate, un centro sociale en plein air, Osvaldo prima pescivendolo, poi oste, il barbiere, il calzolaio, il giornalaio-libraio, hanno rappresentato, nel corso degli anni, la storia del Pratello, un luogo dove la vita era conflitto e aggregazione.
LA POLITICA
Dai racconti di chi l’ha vissuta negli anni Settanta e dintorni, emerge che via del Pratello è una strada in cui la politica, intesa nel suo senso più alto e nobile, semplicemente accadeva. Le persone si ritrovavano per strada a discutere di ciò che era e sarebbe stato buono e utile fare.
Convivevano realtà umane e sociali diverse, anche le realtà di chi viene considerata.o, outsider o diseredata.o.
LA VITA NOTTURNA E LA RESISTENZA
Poi iniziarono ad aprire tanti locali, e il Pratello divenne la via della notte. Della libertà, della poesia, degli eccessi. Da quindici anni il gruppo Pratello R’esiste organizza la celebrazione del 25 Aprile al Pratello e verso la fine della strada campeggia una stella di luci rossa che simboleggia il desiderio e l’impegno di chi “vive” questo centro di aggregazione e la vita per la libertà, la giustizia, l’uguaglianza.
UN LUOGO AUTENTICO
Il Pratello resta un luogo, in pieno centro urbano, dove si possono tessere trame di parole, di sogni, dove si può bere un bicchiere a buon mercato e non a prezzi da capitalismo sfrenato, dove s’incontrano persone e si può restare a parlare per ore, anche tra sconosciute.i; dove s’intrecciano relazioni, e non soltanto dove si consuma come alienati zombies, a sfogare stanchezza e ritmi folli di lavoro, e poi ci si alza con la pancia piena per tornare a dormire, soddisfatte.i di avere messo la “x” su una serata da riempire.
Al Pratello si fanno ancora, seppure oggi in modo diverso, politica e socialità.
IL PRATELLO, UN LUOGO DI POESIA
E si fa poesia, come si faceva alcuni decenni fa, seppure, oggi, diversamente.
Ho pensato d’intervistare un raffinato e sensibile poeta mantovano, Giancarlo Sissa, noto a livello nazionale e internazionale, che Bologna negli anni Ottanta l’ha vissuta. Che la vive, anzi, tuttora, da quegli anni. Sissa è stato co-protagonista del vissuto poetico di Via del Pratello, che ancora si respira sui tavoli e sui muri della Trattoria Montesino e nell’ex Circolo Pavese, chiamato oggi Teatro del Pratello, fucina di sperimentazioni artistiche e luogo di condivisione popolare.
L’INTERVISTA AL POETA GIANCARLO SISSA
IL PRATELLO: UN LABORATORIO POLITICO
D: “Il Pratello era un laboratorio politico e una via di perdizione, secondo alcune persone; di avvolgimento e non giudizio, secondo altre. Cosa ricorda e sa della storia di questa strada?”
R: “Via del Pratello, la via delle Osterie per antonomasia, è da sempre e tuttora la via della socialità esposta e delle militanze condivise, ed è certamente parte della storia culturale di Bologna, dalle esperienze teatrali e sociali del Gran Pavese ai lunedì di poesia al Montesino, dai piccoli circoli culturali e teatrali al Centro Sociale della Pace e all’edicola dei giornali di Lino. Il Pratello è un luogo inclusivo, dove è praticamente impossibile sentirsi soli o emarginati, e anche per questo può essere considerato come una sorta di laboratorio sociale, civile, politico, una strada dove si incontrano idee, non solo persone”.
IL LABORATORIO DI POESIA AL TEATRO DEL PRATELLO
D: “Il Pratello è quindi una sorta di via della Resistenza, e, grazie anche a Lei, via della Poesia. Mi racconta di questo laboratorio di poesia al Teatro del Pratello: come l’è venuta l’idea, quale il suo obiettivo, come ha pensato di realizzarla?”
“L’idea di un Laboratorio di poesia da tenersi al Centro Sociale della Pace è venuta a Daniela Squarzoni (fondatrice con l’amica Chiara dello storico Baule dei Suoni) che me lo ha proposto lo scorso autunno. Insieme abbiamo avviato questa proposta che è bene definire Laboratorio di Ascolto e Lettura della Poesia, poiché io non credo che si possa insegnare a scrivere una poesia, e che ha avuto un buon riscontro: non sono poche le persone che amano la poesia e la studiano, la frequentano, la agiscono, anche come comportamento civile e sociale. Il laboratorio infatti è aperto a tutte.i ed è venuto configurandosi come esperienza di dialogo e confronto fra le persone che lo frequentano”.
LE TOVAGLIETTE POETICHE AL MONTESINO
D: “E poi c’è il Montesino, da Lei già ricordato, con la sua storia e la storia delle sue tovagliette… Come e quando è nata questa idea? Come sopravvive?”
R: “Fu Marco Ribani (oste e poeta) che mi propose di organizzare assieme letture di poesia all’Osteria del Montesino e furono di fatto moltissimi gli incontri di poesia che organizzammo fra il 1993 e il 2000 (e oltre), al punto che l’iniziativa fu riconosciuta anche fuori Bologna come “momento di resistenza utopica” e come modo politico e poetico di abitare e agire un luogo, una certa idea di condivisione della poesia. Va precisato inoltre che il folto pubblico che partecipava agli incontri non era composto da sole.i poete.i: ad esempio moltissime.i erano studentesse e studenti straniere.i”.
La tovaglietta poetica dell’Osteria del Montesino
I POETI AL MONTESINO
“Negli anni – riprende Sissa – sono venuti a leggere poeti come Alberto Masala, Riccardo Held, Ferruccio Brugnaro, Paola Febbraro, Ferruccio Benzoni, Stefano Simoncelli, Vishar Zhiti, Loredana Magazzeni, Fawzi Karim, Patrizia Dughero… E mi perdonino i/le molti.e che manca lo spazio di citare e ringraziare. Di questa esperienza sopravvivono oggi le Tovagliette di Poesia che curo dal 2000, tirate ogni volta in alcune migliaia di copie”.
LA POESIA OGGI
D: “Lei è un poeta apprezzato dalla critica, che contribuisce a tracciare la via di questa forma espressiva e di questa strada mitica. Cosa è la poesia oggi? Cosa può dire? Può (ancora) fare qualcosa per una vita più bella, più piena, più alta?”
R: “La poesia è il modo che abbiamo per riscattare e rivitalizzare il linguaggio dall’uso svilito e propagandistico che ne fanno la politica, gran parte dell’informazione, i social. La poesia accudisce l’intuizione secondo la quale le parole sono gesti, comportamenti, sono le dita con cui tocchiamo il mondo e si crea da qui in noi coscienza, una questione delicata e meravigliosa al tempo stesso, una grande responsabilità, certo non solo letteraria”.
In queste parole di sbalorditiva sensibilità, si ritrovano la storia e lo spirito di una strada e l’intuizione della necessità, oggi ancora di più, della poesia.
I LOCALI DEGNI DI MENZIONE
È doveroso citare alcuni locali storici di Via del Pratello che hanno resistito nel tempo: il Piratello – piccolo, femminista, resistente -, il Mutenye – storico pub e luogo di scambio politico -, il De’ Marchi – in Piazza San Francesco, a due passi, attualmente in ristrutturazione -. Ci sono poi il Macondo, il Barazzo – bella realtà aperta da ragazzi calabresi -, il Quattro Quarti, il Vanilla – dove si tengono anche delle mostre. I locali dove andare sono decine. Conoscerne la storia è cultura.
LE SFOGLINE DI VIA DEL PRATELLO
E poi, un pezzo di storia meraviglioso è costituito dalle sfogline. Il locale, in fondo alla strada, si chiama “Pasta fresca Naldi”, ma dubito che qualcuna.o a Bologna ne conosca il nome. Loro sono, semplicemente, le sfogline. Lavorano ininterrottamente per fare tortellini: la fila fuori dal locale è spesso lunghissima. È una sorta di rito, andare dalle sfogline del Pratello: è vedere una storia d’altri tempi che è rimasta intatta. Che continua a vivere, con un’autenticità oggi difficilmente riscontrabile nei centri urbani gentrificati.
UN MONDO ANCORA INTATTO
Nei 600 metri di via del Pratello, dunque, esiste la poetica dell’ascolto e della conoscenza di altre persone diverse da sé, di altri mondi spesso fatti scomparire; in quei 600 metri, la poetica del fare cose belle e del condividere, o dello stare senza dovere produrre o consumare acriticamente – potrà coinvolgerti e farti sentire di vivere un dono non quantificabile nel suo valore.