La notte tra il 16 e il 17 gennaio, in Italia, è diffuso un rito tradizionale in cui sacro e profano si sposano: i falò. Il fuoco, praticamente in quasi tutte le culture, è simbolo di purificazione, rinnovo, rinascita e buon auspicio. Secondo la leggenda, inoltre, è la notte in cui gli animali parlano. Questa celebrazione, detta appunto, falò di Sant’Antonio, è legata alla figura del santo per verso il quale esiste una forte devozione. Ne conoscete l’origine?
Il Santo del fuoco
Sant’Antonio è notoriamente famoso per essere il santo del fuoco. Ma perché proprio lui? Ebbene, l’abate ed eremita egiziano (nato a Qumans il 12 gennaio 251), fondatore del monachesimo, è conosciuto anche come il Grande, Antonio d’Egitto, Sant’Antonio del Fuoco, del Deserto e l’Anacoreta.
Annoverato tra i quattro Padri della Chiesa, viene celebrato il 17 gennaio, giorno della sua morte nell’anno 356. Protettore dei campi, degli allevatori e degli agricoltori, dei macellai, salumai, norcini, canestrai, degli animali domestici e da cortile. Probabilmente, la sua raffigurazione con un maiale deriva dal fatto che i suoi seguaci, detti antoniani, dal grasso ricavavano degli unguenti da applicare su piaghe e ferite. Ad esempio, venivano utilizzati per curare l’herpes zoster detto, appunto, fuoco di Sant’Antonio.
Si dice che fosse, inoltre, taumaturgo in grado di guarire le persone dalle malattie più gravi. Secondo alcune credenze popolari, sembra che grazie al santo si ritrovino gli oggetti andati smarriti. “Sant’Antoni dala barba bianca fam truà quel ca ma manca” (in italiano, Sant’Antonio dalla barba bianca fammi trovare ciò che ho perso), dicono al Nord. Per tradizione, il 17 gennaio, c’è anche l’usanza di benedire gli animali. Il Santo viene spesso raffigurato con dei simboli che lo contraddistinguono: maiale, croce tau, libro aperto e fuoco. Ma perché il fuoco?
Il Fuoco e il significato dei falò
Per celebrare Sant’Antonio, da Nord a Sud, il fuoco è un elemento immancabile, spesso accompagnato con processioni e rituali particolari, specifici di ogni zona. Come ben sappiamo i fuochi, ovvero i falò, scaldano la terra per una sorta di richiamo alla primavera e simboleggiano l’abbandono delle cose vecchie e l’arrivo di tutto ciò che è nuovo: in altre parole, è portatore di rigenerazione. Inoltre, si dà il via ai festeggiamenti del Carnevale.
Il culto di Sant’Antonio e del fuoco viene abitualmente viene messo in relazione con una leggenda secondo cui questi si recò all’inferno per salvare le anime dei peccatori dal demonio. Ma c’è dell’altro.
Stando a quanto ci racconta Italo Calvino in una delle sue fiabe, tanto tempo fa non esisteva il fuoco. Dunque, gli uomini che pativano un gran freddo e non riuscivano più a vivere. Si recarono da Sant’Antonio che pregava nel deserto affinché li aiutasse. Mosso a compassione, scese all’inferno col suo maialino per prendere il fuoco. Una volta giunto, bussò alla porta ma i diavoli fecero entrare solo l’animale poiché lo avevano riconosciuto.
Nel frattempo, il maiale iniziò a scorrazzare in ogni dove, creando un tale scompiglio che i diavoli chiamarono Sant’Antonio e gli intimarono di portare via l’animale combinaguai. Venne privato, però, del suo bastone con il quale colpiva ogni tanto qualche diavolo che gli passava davanti.
Nessuno riusciva afferrare il maiale e a cacciarlo via. Il bastone venne lanciato nelle fiamme e il suino ricominciò a buttare tutto per aria. Solo facendosi restituire il bastone, il santo riuscì a calmare il suo maialino. Per loro sfortuna, i diavoli non avevano calcolato che, trattandosi di legno di ferula dal midollo spugnoso, se una scintilla ci entra dentro, brucia internamente senza che si veda. Tornato nel mondo, con la punta infuocata del bastone, spargeva scintille e portò il fuoco al mondo.
Una volta fatto questo breve excursus, vediamo alcune delle località selezionate dove è possibile assistere a questa suggestiva rievocazione in onore del santo. Naturalmente, vi consigliamo vivamente di consultare i siti ufficiali dei comuni o degli enti organizzatori dei rispettivi eventi.
Nord
A Milano e, più in generale in Lombardia, i falò di Sant’Antonio sono un appuntamento imperdibile. È un rito che ogni anno si rinnova, con una partecipazione sempre massiccia. Attraverso la luce che vince sul buio, si dà l’addio all’inverno, illuminando le campagne con l’auspicio di raccolti abbondanti.
Il comune di Melzo, in provincia di Milano, celebra questa tradizione con il consueto falò alle ore 21:00 del 17 gennaio. L’area Fiera è il luogo in cui verranno benedetti i mezzi agricoli, con l’accompagnamento musicale della Filarmonica città di Melzo. Fontane a fiamma rosse e fontane a intermittenza di grandi effetti speciali, precederanno l’accensione del fuoco. Sarà possibile affidare alle braci i propri da desideri scritti su bigliettini portati da casa o sulle cartoline dedicate a Sant’Antonio predisposte dal Comune.
In molti comuni della provincia di Varese (tra cui Besozzo, Castelveccana, Castiglione Olona, Mustonate, Saronno e Viggiù) il 17 gennaio di ogni anno è usanza accendere grandi fuochi nelle piazze. Nel pomeriggio, nelle chiese intitolate al Santo, vengono effettuate le benedizioni degli animali. Nella città di Varese, in un clima di festa, si è soliti mangiare le salsicce di maiale e, per tradizione, gli uomini e le donne presenti gettano i loro bigliettini con le loro richieste d’amore. Le donne usavano recitare questa simpatica filastrocca:
“Sant’Antonio del purscèl
fam truva un om che sia bel
damel picul damel grand/
ma damel mia con stort i gamb”
ovvero, Sant’Antonio del maiale, fammi trovare un uomo bello. Che sia piccolo o grande, non importa. L’importante è che non abbia le gambe storte…
Centro
Sant’Andonie de jennare (in italiano, Sant’Antonio di gennaio), detto anche Sant’Andonie de lu porche (cioè, Sant’Antonio del maiale) viene festeggiato anche in Abruzzo. Sin dal medioevo, si tramanda la sua memoria liturgica con la benedizione di stalle e animali. Nella zona dell’aquilano, è prassi consolidata acquistare un maialino che viene nutrito da tutta la comunità per poi essere ucciso il 17 gennaio dell’anno successivo. L’animale è contrassegnato da un nastrino rosso al collo al quale viene appeso un campanellino. Nel comune di Scanno (AQ), il Santo è noto con l’appellativo di Barone e, in suo onore, vengono accesi fuochi nei pressi della Chiesa a lui dedicata.
A Fara Filiorum Petri, in provincia di Chieti, si accendono le farchie, grandissime torce di canne secche alte 10 metri e larghe due. Si rievoca l’evento in cui, tra il 16 e il 17 gennaio 1799, Sant’Antonio Abate apparve alle truppe francesi sotto le sembianze di un generale. Miracolosamente, trasformò le querce in torce infuocate e fece fuggire i soldati.
L’Umbria è tra le regioni italiane più legate a questo culto. In particolare, è viva la tradizione del piatto di Sant’Antonio a Santa Maria degli Angeli (frazione di Assisi, provincia di Perugia). Si narra che tra il 1850 e il 1860, quando Santa Maria degli Angeli era stazione di posta lungo la direttrice Roma-Firenze, un’epidemia colpì molti cavalli. Venne invocato il Santo che fece cessare la peste.
Come segno di gratitudine, gli abitanti offrirono il piatto di Sant’Antonio ai poveri. Una porzione di pasta, accompagnata da carne, salsicce, polpette, pane vino e persino due mele. Ancora oggi, dopo la messa e la processione per le vie e i rioni del borgo, il 17 gennaio ha luogo la benedizione degli animali e viene distribuito il piatto di Sant’Antonio. Degne di nota, le celebrazioni che si svolgono a Perugia lungo Borgo Sant’Antonio e Porta Pesa, a Cascia e in numerose località della Valnerina.
Sud
La Campania è una delle regioni dove la memoria liturgica di Sant’Antonio Abate è più sentita. Nel napoletano, numerosissimi i comuni coinvolti in questa festa dove si festeggia con grandi fucarazzi e cippi. Nell’omonimo borgo di Sant’Antonio questo evento viene celebrato nel famoso “Buvero ‘e Sant’Antonio”, dal nome dalla chiesa, per scacciare la mala sorte.
A Macerata Campania (Caserta), ad esempio, il 17 gennaio si rievoca l’antica tradizione delle Battuglie. In pratica, botti, tini e falci vengono utilizzati a mo’ di strumenti musicali per riprodurre la Pastellessa, ovvero una tipica melodia locale. Dal 10 al 17 gennaio, si assiste a un programma fitto di eventi accompagnati da musica, mostre, sfilate di carri e, ovviamente, la consueta accensione del cippo.
Nella verde Nusco, provincia di Avellino, il falò di Sant’Antuonu coniugano fede e tradizione. Da secoli, da tutta la Campania giungono migliaia e migliaia di persona per un evento che si è trasformato in un appuntamento da non perdere non solo dal punto di vista culturale ma anche enogastronomico. Per l’edizione del 2023, le celebrazioni si terranno il 20, 21 e 22 gennaio.
Anche la Puglia non è da meno. A Novoli, Lecce, nel cuore del Salento, brucia la Fòcara, un falò alto 25 metri e con un diametro di 20. Si tratta della più grande di tutta l’Italia e, a quanto pare, dell’intero bacino del Mediterraneo. Fin dal mese di dicembre, vengono raccolte le oltre 90.000 fascine che occorrono per questa monumentale “torcia” da ardere. Il 16 sera uno spettacolo pirotecnico illumina il cielo a giorno, attirando numerosi visitatori soprattutto dal Sud Italia. Il programma oltre alla messa durante la quale si benedicono gli animali, prevede concerti e degustazioni di specialità tipiche. Per tutta la notte del 16 gennaio, ossia vigilia dell’accensione, ci si raccoglie intorno al fuoco fra canti e balli.
Isole
A Troina, Enna, nel cuore della Sicilia, i festeggiamenti iniziano diversi giorni prima per raccogliere e mettere insieme le fascine necessarie per il falò che si svolge tra il 16 e il 17 gennaio. La raccolta è un compito che i giovani del paese realizzano, ancora oggi, con molto entusiasmo.
La festa di Sant’Antonio Abate a Novara di Sicilia (ME) viene celebrata il 17 gennaio. I sette giorni di preparazione (settena) prevedono preghiere, canti e inni. La sera del 16 u fogu, ovvero il fuoco, viene acceso con la legna che i fedeli portano in dono al santo al piano terra della torre campanaria. Sempre la sera della vigilia, si celebra la funzione chiamata u du uri (letteralmente, “il due ore”) dovuta al fatto che, nell’antichità, si teneva due ore prima del tramonto. Il 17 gennaio cani, gatti, capre, maialini, cavalli, ecc. ricevono la protezione del santo. Molto suggestivi i festeggiamenti tra litanie e sonorità particolarmente emozionanti.
“Fogu, Fogu po su logu; Linna, Linna po sa Sardigna”
ovvero “Fuoco, fuoco per ogni luogo; legna legna per la Sardegna”
In Sardegna, Sant’Antoni de su fogu è celebrato in tutta l’isola con piccole differenze e sfumature che rispecchiano le rispettive tradizioni locali. Non a caso, infatti, assume nomi diversi tra cui sa tuffera, ovvero un falò realizzato con grandi tronchi e radici (tipico di Ovodda, Nuoro). Il termine più popolare e diffuso è fogadoni/e o fogarone ma, a seconda del tipo di legno utilizzato, abbiamo sa tuva, sos fogos, sas frascas e su romasinu. Questa regione meriterebbe un capitolo a parte, cosa non esclusa in futuro.
Ci limiteremo, dunque, a citare la festa di Mamoiada, nel cuore dell’entroterra sardo, in provincia di Nuoro. Con la Festa di Sant’Antonio si aprono le porte al Carnevale. Durante tutta la notte, la caratteristica cittadina è illuminata dai falò, mentre le maschere tradizionali, Mamuthones e Issohadores, escono per ballare attorno ai fuochi. Le celebrazioni che mescolano sacro e profano prendono forma in un magico contesto animato da canti, danze popolari e deliziose proposte enogastronomiche locali.
Alla fine di questo viaggio per l’Italia, attraverso le singole realtà locali, quali delle proposte vi ha più colpito? Come sempre, se pensate di segnalarci un evento del quale ci siamo dimenticati, non esitate a farcelo sapere.
“Chi buon Carnevale vuole fare, da sant’Antonio deve iniziare”
(versione italiana di un antico proverbio irpino)