Chi conosce il Gargano soltanto per le sue spiagge assolate, per Vieste o Peschici, o per i pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo, probabilmente non ha mai davvero camminato nei suoi boschi, né respirato l’odore di resina nelle pinete d’Aleppo, né ascoltato il silenzio millenario della Foresta Umbra. Eppure, questo angolo di Puglia che si protende nell’Adriatico come uno sperone verde, custodisce uno dei patrimoni naturalistici, culturali e gastronomici più ricchi e variegati del Mediterraneo.
Lontano dalle rotte del turismo di massa, il Parco Nazionale del Gargano si rivela nella sua forma più autentica: quella di un microcosmo geologico e biologico, segnato da un’origine insulare che ha lasciato una profonda impronta nella sua biodiversità. Il Gargano è montagna, foresta, costa e altopiano: un mosaico naturale che racchiude habitat tra loro diversissimi in pochi chilometri quadrati.
Dal monte Calvo, che sfiora appena i 1.065 metri, lo sguardo spazia fino alle lagune costiere di Lesina e Varano. La Foresta Umbra – cuore verde e ombroso del parco – è un vero monumento della natura, con le sue faggete che si spingono fino a quote sorprendentemente basse e una vegetazione che richiama le foreste balcaniche. Non a caso, studiosi e botanici considerano questo promontorio una testa di ponte tra l’Europa occidentale e quella orientale, una sorta di reliquiario verde che ha saputo conservare intatti lembi di paesaggio vegetale preistorico.

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Sentieri, storie e silenzi
Chi desidera scoprire il Gargano autentico non può fare a meno di percorrere almeno un tratto della Grande Traversata Garganica (GTG): un itinerario di circa 200 km, percorribile a piedi, in bici o a cavallo, che collega le zone più interne con la costa, passando per valli carsiche, foreste fitte e paesini che sembrano sospesi nel tempo. Tappe come Monte Spigno, la Foresta Umbra, Vico del Gargano o Carpino si rivelano scrigni di memoria e bellezza, da attraversare meglio se in silenzio per creare il contatto con il paesaggio naturistico.
Non solo i percorsi di cui sopra, nel Parco del Gargano vive anche il reticolo delle antiche vie della fede: dalla Via Sacra dei Longobardi, percorsa nei secoli dai pellegrini diretti al santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, fino al cammino di Vieste, lungo 40 km, che rievoca i pellegrinaggi popolari del passato. Oggi molti di questi itinerari sono attrezzati e segnalati, ma conservano ancora l’aura mistica e l’asprezza delle origini.

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Gargano da gustare
A raccontare Gargano però non lo fa solo la natura. Lo fa anche la sua cucina, radicata nella transumanza, nella stagionalità e nella cultura della sobrietà contadina. In questa terra, dove le capre si arrampicano su pareti rocciose per brucare cardi e agrifogli, i prodotti locali parlano la lingua della resistenza e del gusto.
Un esempio è la muscisca, carne di capra essiccata e speziata, derivata da una tradizione pastorale che risale a secoli fa. Oppure la farrata di Manfredonia, un rustico ripieno di farro, ricotta di pecora ed erbe aromatiche, preparato ancora oggi secondo rituali antichi. E poi i poperati, taralli dolci speziati di origine albanese, simbolo di un patrimonio culturale meticcio e stratificato.
Le paste fresche – orecchiette, troccoli, cavatelli – sono un altro emblema del sapere femminile e della manualità tramandata. Camminando nei centri storici come Monte Sant’Angelo, non è raro imbattersi in donne che, sedute fuori casa, danno forma a piccoli capolavori da condire con sughi di capra o con cacioricotta prodotto con il latte della capra garganica, razza rustica e resistente, oggi Presidio Slow Food.

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Tradizioni che resistono
Tra le pratiche più affascinanti riscoperte negli ultimi anni c’è quella dell’intreccio della Cruedda, un contenitore realizzato con paglia e stoffa, simbolo della vita femminile a Ischitella. Ogni famiglia aveva il suo motivo, ogni intreccio raccontava una storia. Rinata come produzione tipica del parco, la cruedda oggi è anche oggetto d’arte e di identità collettiva.
E poi ci sono le ostie ripiene di Monte Sant’Angelo, nate – si dice – per caso in un convento, e diventate uno dei dolci più emblematici della zona, unione perfetta tra sacro e profano.
Un patrimonio da custodire
Il Parco Nazionale del Gargano non è solo un’area protetta, bensì un ecosistema complesso in cui convivono natura, cultura, storia, fede e gastronomia. La sfida di oggi è proteggerne la biodiversità senza snaturarne l’anima, promuovere un turismo sostenibile che sappia valorizzare e non consumare, raccontare ai visitatori una terra che non si lascia conquistare in fretta, ma che si svela a chi sa guardare, ascoltare e assaggiare.