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Nell’Italia del gusto: polenta, bagna cauda e vin brulè

Tipo di attivitàEnogastronomia

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L’Italia del gusto rappresenta da sempre un centro attrattivo enorme, per quanti desiderano comprendere la cultura ed i modi di vivere del nostro bel Paese. Soprattutto la cucina, in particolar modo quella tipica e meno legata a forme di importazione non nostrana, cattura l’attenzione del palato e della curiosità di cultori del gusto. Scoprire l’Italia, quindi, significa innanzitutto percorrere le sue ricette ed i suoi modi di generare piacere a tavola.

Per questo, InItaly ha scelto di raccontarvi tre ricette correlate allo straordinario patrimonio culinario italiano: la polenta, la bagna cauda ed il vin brulè.

Polenta

Prima tappa nella nostra Italia del gusto è la polenta. Nata come nutriente povero per i diversi paesi di montagna, il piatto a base di farina di mais, ha conosciuto un vero sviluppo capillare nella tradizione culinaria italiana; al punto da essere, ora, alla base anche di ricette molto più elaborate.

Polenta servita

Il cereale di base più usato in assoluto è il mais, che le dà il caratteristico colore giallo, mentre precedentemente era più scura perché la si faceva soprattutto con farro o segale. La polenta viene prodotta cuocendo a lungo un impasto semiliquido di acqua e farina (solitamente a grana grossa). Questa si versa a pioggia nell’acqua bollente e salata, in un paiolo (tradizionalmente di rame), e si rimesta continuamente con un bastone di legno di nocciolo per almeno un’ora.

La farina da polenta è solitamente macinata a pietra (“bramata”) più o meno finemente a seconda della tradizione della regione di produzione. In genere la polenta pronta viene presentata in tavola su un’asse circolare e viene servita, a seconda della sua consistenza, con un cucchiaio, tagliata a fette, con un coltello di legno o con un filo di cotone, dal basso verso l’alto.

Preparazione polenta paciarela

Poiché è piatto estremamente povero ed elementare, la polenta ha assunto, nel corso del tempo diverse varianti a seconda della regione in cui la si realizza. In particolar modo ricordiamo:

  • la polenta concia, che è uno dei più noti piatti tipici valdostani e biellesi ed è molto indicata per riempire e scaldare nelle giornate fredde. È conosciuta anche come “polenta grassa“, perché alla farina di mais viene aggiunto formaggio fuso d’alpeggio. Non si tratta di una ricetta rigida, ma viene tendenzialmente preparata fondendo, a fine cottura, dei cubetti di fontina e/o toma e/o latte e/o burro.
  • la polenta paciarela, che viene preparata gettando un misto di due distinte farine di mais – fioretto (fine) e bramata (grossa) – nel paiolo contenente un pugno di fagioli cotti e la loro acqua. Chiamata talvolta paciarela perché piuttosto liquida (spesso la si mangia col cucchiaio), viene tipicamente condita con un sugo di salsiccia e pomodoro; nelle zone montane la si prepara anche con farina di castagne. È tipica della Romagna.

Per la ricetta semplice: https://www.google.com/amp/s/www.cucchiaio.it/ricetta/ricetta-polenta.amp.html

Bagna càuda

Passaggio d’obbligo nella nostra Italia del gusto è la bagna càuda. La pietanza incarna, infatti, la più alta forma della tradizione culinaria piemontese, al punto da essere riconosciuto come il piatto più rappresentativo della regione. Per di più, essa è preparata soprattutto durante il periodo della vendemmia, coniugandosi all’altro grande diamante piemontese, che è il vino.

Bagna càuda pronta ad essere gustata

La bagna càuda è una preparazione a base di aglio e acciughe dissalate e deliscate, cotta a fuoco lento in olio d’oliva, riducendo il tutto a salsa. Si consuma intingendovi vari tipi di verdure di stagione solitamente divise tra crude e cotte: cardi, cipolle cotte al forno, peperoni crudi o abbrustoliti, foglie di cavolo crude, cavolfiori, topinambur, barbabietole, patate cotte a vapore, ravanelli, rape e tante altre.

Un tempo si usavano solo cardi gobbi, tipici di Nizza Monferrato, topinambure peperoni conservati nella raspa (ciò che rimaneva del procedimento di vinificazione del grappolo d’uva).Per tradizione è un piatto tipico del periodo della vendemmia, quindi da consumare prevalentemente in autunno e in inverno.

Verdura con cui si intinge la Bagna Càuda

Una delle leggende sulla sua nascita vuole proprio che venisse preparato per ricompensare i vendemmiatori del lavoro prestato. Più che un piatto, è un rito conviviale che prevede la condivisione del cibo in forma collettiva da parte dei commensali, che lo attingono tutti insieme da un unico recipiente somministratore. La bagna càuda va accompagnata da vini rossi corposi quali, per esempio, Barbera, Nebbiolo, Barbaresco o anche Dolcetto.

Per la ricetta pratica e veloce: https://www.google.com/amp/s/ricette.giallozafferano.it/Bagna-caoda.html%3fgoogle-amp=1

Vin Brulè

Pur non essendo autoctono dell’Italia del gusto, il vin brulè ha assunto un ruolo importante nella tradizione enogastronomica italiana. Diverse le regioni dell’Italia settentrionale e centrosettentrionale che hanno adottato variazioni sulla ricetta originaria proveniente dall’Europa centrale.

Vin Brulè

Il vin brulè è una bevanda calda a base di vino (tradizionalmente vino rosso), zucchero e spezie aromatiche, diffusa in numerosi paesi e semplice da preparare. È diffuso soprattutto nell’Italia settentrionale e lo si trova nei mercatini di Natale, o, più in generale, preparato artigianalmente in pentole o thermos e distribuito al pubblico durante le feste popolari del periodo invernale, compreso Carnevale. In alcuni casi si trova anche in vendita già pronto imbottigliato, quindi solamente da scaldare.

Diverse le varianti regionali italiane. In particolar modo si segnalano:

il vinbruè, ossia il vin brulé in Veneto, che è preparato di solito con vino derivato da Chardonnay o da Pinot bianco con l’aggiunta di cannella, mela e chiodi di garofano. Viene consumato soprattutto durante il panevin assieme alla pinza.

Il bisò

Il bisò, ossia il vin brulé in versione romagnola, preparato con Sangiovese speziato e servito molto caldo. Nella città di Faenza, la sera del 5 gennaio si celebra la Nott de bisò, manifestazione legata al palio del Niballo. Il nome “bisò” è tradizionalmente fatto derivare dalla frase dialettale “biì sò!“, che significa “bevete, su!”.

Non resta che lasciare tutto ed immergersi nell’Italia del gusto!

Per altre ricette tipiche: https://in-italy.eu/in-tavola/piatti-tipici-del-trentino/

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Pubblicato il
28/01/2024