E’ la Francia della prima grande rivoluzione d’Occidente, è la Francia della prima transizione repubblicana dopo la Seconda Guerra Mondiale, è la Francia ad avere, per prima nel mondo, riconosciuto il diritto all’aborto come diritto costituzionale. Un evento dalla portata epocale, capace soprattutto di far interrogare il mondo: se lo Stato che, da sempre, è stato inquadrato quale culla di una riflessione e di un’attuazione dei diritti degli esseri umani ha riconosciuto l’aborto come un diritto inalienabile, perchè ci si muove ancora entro labirinti negazionisti e attraverso propagande decontestualizzate e solo ideologiche?
Il Parlamento si è unito per questo passo storico
Ciò che è avvenuto in Francia, infatti, non è stato semplicemente il riconoscimento di un diritto, che in vige già dal 1975, ma ha rappresentato la scrittura di una pagina epocale nella storia del mondo. L’aborto è riconosciuto non più come un semplice diritto legislativo che, in quanto tale, può essere ristretto o modificato tramite azione parlamentare, ma è elevato a colonna fondante della comunità francese, a fondamento costituzionale. Questo implica l’impossibilità per qualsiasi compagine politica di porre in discussione l’esistenza ed il riconoscimento di questo diritto, perchè inserito nella Carta fondante lo Stato Francese. In questi termini, allora, l’interruzione volontaria di gravidanza figura accanto ad altri diritti inalienabili quali, per esempio, la libertà di parola, di sciopero, di associazione.
Ciò che è avvenuto in seduta plenaria, eccezionalmente, a Versailles, è un successo non solo legislativo, ma anche e soprattutto ideologico e morale. L’inserimento del diritto all’aborto nella Carta Costituzionale francese, infatti, non ha rappresentato un semplice adempimento di proclami elettorali partitici, ma ha incontrato un consenso unanime. Su un totale di 852 parlamentari, 780 sono stati i favoreli e soli 72 i contrari. Una maggioranza, nei numeri, assolutamente schiacciante, figlia di un caso più unico che raro: la compattezza unanime dell’intera compagine politica francese. Forse per la prima volta, in questi ultimi anni, sia l’estrema destra che l’estrema sinistra, sia i gruppi di maggioranza che di opposizione hanno congiunto le loro forze per scrivere questi passaggio cruciale nella storia del mondo.
Il riconoscimento costituzionale del diritto all’aborto è anche figlio, infatti, di un percorso lungo, iniziato da Macron già nel 2023, e che ha visto un supporto quasi unanime da parte dei cittadini francesi. Secondo diversi sondaggi, infatti, l’80% dei francesi era favorevole all’inserimento dell’aborto nella Carta Costituzionale. Un passo, quindi, non solo politico, ma anche e soprattutto civile e sociale. Un passo volto a tutelare tutti: la donna che ha la responsabilità, il diritto ed il dovere di curare e far crescere il proprio bambino in piena volontà ed in piena consapevolezza; il bimbo a cui deve essere riconosciuta più che la semplice nascita, la possibilità di poter vivere bene e di poter realizzare ogni propria aspirazione personale, contando su realtà familiari solide.
Aborto come diritto costituzionale: le reazioni
Grande soddisfazione ha ovviamente espresso il presidente francese Emanuel Macron, grande condottiero di questa battaglia. “Fierezza francese, messaggio universale”, ha commentato su X dopo lo storico via libera, dando appuntamento ai cittadini l’8 marzo (Festa internazionale dei diritti della donna) alle ore dodici in Place Vendome a Parigi per celebrare “insieme l’ingresso di una nuova libertà garantita nella costituzione con la prima cerimonia di sigillatura aperta al pubblico”, dinanzi al ministero della Giustizia.
Soddisfazione anche da parte del giovanissimo premier Gabriel Attal, il quale ha sottolineato come questa legge sia il pagamento “di un debito morale verso donne che hanno sofferto sulla loro pelle”ed ha anche rimarcato quanto il diritto costituzionale all’aborto certifichi quanto la Francia sia “pioniera, fedele alla sua eredità di Paese faro dell’umanità” e “patria dei diritti dell’uomo e anche e soprattutto dei diritti della donna”.
Non sono mancate le proteste dei comitati ProVita, attraverso una “Marche pour la Vie”, nella quale i rimostranti hanno detto di voler “proteggere la vita” ed hanno contestato il fatto che – secondo loro e nonostante le rassicurazioni del governo – “i medici non avranno più modo di esercitare il loro diritto di coscienza”.
Ci si trova dinanzi ad un mondo leggermente più limpido: oggi è un’altra alba!
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