La Fondazione Attua è stata costituita nel 2018 con l’intento di coinvolgere attivamente i cittadini nello sviluppo di progetti sostenibili.
Numerosi sono i partner con cui la Fondazione Attua collabora per promuovere la sostenibilità e determinare un impatto sociale, economico e culturale positivo. Tra i suoi progetti, si includela sperimentazione dell’Indice di Progresso Sociale. Il Presidente della Fondazione è Vanio Balzo.
Benvenuto Presidente Balzo, siamo lieti di averla con noi per raccontarci i progetti e le iniziative promosse dalla Fondazione.
Quali sono state le motivazioni principali che vi hanno spinto alla creazione della Fondazione Attua?
Siamo una Fondazione giovane, nata sette anni fa dall’idea di promuovere la cultura della sostenibilità attraverso azioni concrete. A seguito della riforma che ha istituito il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, abbiamo chiesto e ottenuto l’iscrizione in tale registro e quindi oggi Attua è a tutti gli effetti un ETS.
I nostri soci sono professionisti che operano in vari settori e che hanno deciso di mettere a disposizione di Attua le loro esperienze e relazioni, costituendo così una rete potenzialmente infinita che viene posta a sostegno di progetti a forte impatto sociale.
Nei vostri progetti, i cittadini giocano un ruolo fondamentale. Com’è nata l’idea di far partecipare attivamente le persone nelle vostre iniziative?
La nostra operatività, che ci piace chiamare “metodo Attua”, punta a far emergere il protagonismo di ogni persona. Cerchiamo di coinvolgere personalmente chi vuole contribuire alla realizzazione di un progetto.
Ogni socio porta il proprio contributo, fatto di competenze e impegno concreto. Il nome Attua è stato pensato per richiamare il verbo “attuare”, che significa prepararsi e agire. Questo rappresenta il cuore della nostra filosofia operativa.
La Fondazione Attua è tra i promotori in Italia dell’Indice di Progresso Sociale. Cosa misura questo indicatore?
L’Indice di Progresso Sociale, chiamato anche Social Progress Index o con l’acronimo SPI, è un misuratore che, in maniera molto innovativa rispetto ad altri strumenti esistenti oggi nel mondo, misura il benessere.
È stato sviluppato dieci anni fa da una società statunitense, chiamata Social Progress Imperative, con residenza a Washington, che ha pensato di riempire un vuoto che esiste oggi nell’analisi del benessere. Un vuoto determinato dal fatto che il PIL, in quanto misuratore puramente economico, non è più in grado di leggere i cambiamenti e i bisogni della società contemporanea. Quindi, questo strumento è stato ideato per provare ad arricchire la misurazione economica attraverso un punto di vista prettamente sociale, ambientale e culturale.
È uno strumento innovativo, ma già utilizzato in molte parti del mondo: si calcola che sono circa tre miliardi le persone che vivono in luoghi dove è stato sperimentato l’Indice: si va da est a ovest, dagli Stati Uniti al Sud America, all’Europa.
Quali sono gli aspetti fondamentali dell’Indice di Progresso Sociale?
SPI si basa su quattro caratteri innovativi.
- Il primo è che, diversamente dal PIL che analizza solo dati economici, SPI considera solo dati sociali, ambientali, culturali e educativi.
- Il secondo è che riassume questa analisi in un numerosintetico: come il PIL ci dà l’andamento dell’economia espressa in un numero, l’Indice di Progresso Sociale fa lo stesso, con una valutazione numerica che va da 0 a 100.
- Un’altra caratteristica fondamentale è la flessibilità: significa che l’Indice è adattabile a molti ambiti. Possono essere geografici, come per esempio un territorio piccolo come una città, o una grande città, o una provincia, oppure una regione o anche uno Stato. La flessibilità può essere anche tematica come, per esempio, le politiche di genere, i giovani o attività specifiche di grandi imprese. Quindi può essere adattato a varie richieste di analisi a seconda della tipologia di risposta che si sta cercando.
- Quarto cardine fondamentale di questo Indice è che non analizza dati input. Cioè, non prende in considerazione sondaggi o investimenti che vengono indirizzati in uno specifico settore, ma solamente dati di risultato. In pratica, fa una fotografia in un dato momento su determinati ambiti, e questa analisi oggettiva può essere prodotta ogni anno mediante l’aggiornamento dei dati in modo da far risaltare i cambiamenti, in positivo o in negativo, del benessere da un anno all’altro.
Quando lei parla di SPI, menziona spesso il PIL. Quale relazione intercorre tra i due misuratori?
L’Indice di Progresso Sociale non è un antagonista del PIL: è complementare al misuratore economico, si comporta esattamente nello stesso modo, ma si concentra sull’analisi del benessere dal punto di vista sociale, ambientale e culturale
Qui sta il carattere innovativo dello strumento: se guardiamo l’andamento della crescita economica e del progresso sociale di un territorio attraverso il confronto delle rispettive curve, abbiamo un’immagine immediata della coincidenza o della divergenza delle due analisi distinte. Da studi che abbiamo fatto, possiamo vedere che molto spesso la crescita economica non è automaticamente sinonimo di benessere e questo perché le nostre società sono sempre più complesse e la sola crescita della ricchezza disponibile lascia spesso irrisolte molte problematiche sociali o ambientali o educative. Aspetti che vanno studiati distintamente per poter poi indirizzare, in maniera più informata, le risorse pubbliche.
Dopo il lancio dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e i suoi 17 obiettivi, sembra che il dibattito pubblico si sia finalmente molto concentrato sul tema della sostenibilità. Voi dite che non è sufficiente, perchè?
Riscontriamo un uso eccessivo e, a volte, improprio del termine “sostenibilità”. Tutti, soggetti pubblici e privati, si ispirano a questo “credo moderno”, dopodiché però bisogna chiarire un aspetto cruciale: come misuriamo la sostenibilità? Ci si affida a un misuratore indipendente oppure si fanno valutazioni “in casa”?
Molto spesso la sostenibilità viene misurata in maniera insufficiente o non adeguata, per esempio calcolando la quantità di risorse che ogni anno vengono impegnate nel campo sociale, e questa impostazione può originare una consapevolezza non veritiera circa il proprio “agire sostenibile”. Noi facciamo un altro tipo di analisi: a posteriori, andiamo cioè a verificare se un investimento ha prodotto un impatto concreto sul benessere delle persone.
Avete già sperimentato l’Indice in Italia?
Certo, nel 2020, con grandi difficoltà perché eravamo in piena emergenza Covid, abbiamo partecipato a un bando pubblico della Presidenza del Consiglio dei Ministri e la nostra proposta di sperimentazione di SPI nelle regioni italiane è stata selezionata. Abbiamo lavorato per più di un anno nella ricerca e nell’elaborazione dati e infine abbiamo prodotto un corposo report che offre spunti molto interessanti sullo stato del benessere nelle varie regioni, spesso in controtendenza rispetto ai luoghi comuni che si è soliti usare per descrivere i nostri territori, da Sud a Nord.
Quali sono i vostri obiettivi per il futuro?
Ora la Fondazione Attua è impegnata sulla diffusione della conoscenza di questo Indice nelle città italiane: abbiamo riscontrato interesse da Milano, Roma e Napoli e contiamo di avviare un’intensa attività di comunicazione in tal senso, proprio perché le città sono, a nostro avviso, il livello territoriale migliore per comprendere se e come si è strutturato il benessere nelle comunità locali.
Se i nostri interlocutori finali sono le istituzioni e gli enti locali, riteniamo che l’attività di divulgazione assuma una particolare rilevanza se altri autorevoli soggetti decidono di collaborare per la diffusione di SPI in Italia. A questo fine abbiamo stretto accordi formali con Svimez, con l’Università Vanvitelli, e contiamo di avvicinare altri soggetti sia nel campo universitario che associativo.
L’Indice di Progresso Sociale è cruciale per le città, che sono al centro dello sviluppo di questo secolo. Le amministrazioni sono chiamate a utilizzare le risorse in modo efficiente e a misurarne l’impatto per acquisire informazioni sempre più precise e oggettive. Diffondere SPI in Italia è la nostra missione prioritaria.
Altri terreni sui quali intendete operare?
Un secondo nostro campo di azione è la formazione post-universitaria, offrendo percorsi che colmino il divario tra il mondo accademico e quello lavorativo. Anche in questo ambito, è per noi cruciale introdurre nei processi formativi la cultura della sostenibilità, perché le future azioni di gruppi o di professionisti in qualsiasi settore potranno risultare meglio orientate al benessere se sarà stato precedentemente assorbito il bisogno della valutazione d’impatto del proprio agire.
Grazie mille per essere stato con noi. Ci Auspichiamo che tutte le future iniziative della Fondazione possano avere successo .
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