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Serena Rossi: “Napoli è casa mia. Sono fiera di essere figlia di questa terra”

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 “Serenata a Napoli”, già nel titolo c’è tutto: il tuo nome, le tue radici, la tua identità. Tu non hai bisogno di presentazioni, Serena. E il tuo sorriso ti precede sempre. È un momento speciale per me: una delle prime interviste della mia carriera l’ho fatta proprio a te, quasi vent’anni fa. Allora eri una giovanissima attrice di Un posto al sole. Oggi sei Serena Rossi.

Eh sì, quanta strada, Lorenzo! Oggi sono di nuovo a Napoli con questo spettacolo che, in qualche modo, mi riporta a casa. È un’emozione unica, anche perché calco il palco del Teatro Augusteo, lo stesso dove ho debuttato 23 anni fa con C’era una volta… Scugnizzi. È un cerchio che si chiude — anzi no, non lo voglio chiudere! Voglio che resti sempre aperto. È bellissimo tornare qui. Mi sono perfino commossa: ho trovato in camerino un biglietto con scritto “Bentornata”, e ho pianto.

Lo posso confermare, Serena si emoziona sempre. E anche oggi… ti vedo con gli occhi lucidi.

Mi succede spesso, sì! Questo spettacolo è tutto dedicato a Napoli. L’ho portato in scena a Torino, Firenze, Roma… ma farlo qui, nella mia città, è tutta un’altra cosa. Mi tremano le gambe, davvero. È un ritorno carico di significati.

Io so com’è nato questo spettacolo, posso dirlo? È una creatura tua e di Davide. A lui va il nostro abbraccio! Ma anche per te è stato un momento liberatorio, vero? Ti vedo fare quello che hai sempre desiderato fare.

Sì, Serenata a Napoli è un progetto che ho fortemente voluto, pensato, scritto e prodotto con Davide. L’accoglienza del pubblico è stata meravigliosa, piena d’amore. A volte non riuscivo neanche a continuare per quanto cantavano e applaudivano. Si crea un vero circolo d’amore. Questo mi emoziona ma mi rende anche vulnerabile. Non sto interpretando un personaggio: sono io. Con la mia voce, le mie idee, la mia storia. E questa nudità emotiva mi agita ogni volta che lo spettacolo sta per iniziare.

Serena Rossi in scena come Serenata a Napoli
Ph Anna Camerlingo

Tu e Napoli, un rapporto speciale. L’ho raccontato spesso: una ragazza che parte da Miano e non rinnega mai la sua città, le sue origini. La città ti sente come una figlia. Sei un simbolo per molti.

Non capisco perché uno dovrebbe rinnegare le proprie radici. Anzi, sono proprio quelle che ti danno la spinta per andare lontano, e poi magari per tornare. Se le radici sono forti, ti aiutano a volare.

Le radici sono anche i figli. Il tuo rapporto con tuo figlio è bellissimo. La maternità ti ha cambiata?

Come tante donne, piangevo anche prima! (ride) Ma sì, oggi ho una sensibilità ancora più marcata. La maternità mi ha aiutata a ritrovare un equilibrio, a capire cosa conta davvero. Il mio lavoro è importante, mi appaga, mi dà gioia. Ma essere mamma è la mia vera missione: crescere un uomo per bene, che ami e rispetti le persone.

Posso confermare: siete sulla buona strada. Lo spettacolo sta andando benissimo. Te lo aspettavi?

Lavoro sempre con impegno, ma ho imparato a non avere troppe aspettative. Le delusioni ti insegnano a non farlo. Così, ogni cosa bella che arriva è un piccolo stupore. Questo successo è un sogno, sì, ma costruito con amore. E quando semini amore, raccogli amore.

È anche un lavoro di squadra. Vuoi raccontarci chi c’è dietro?

Con piacere! Napoli è donna, e anche la mia squadra lo è. La regia è di Cristina Redini, ho scritto lo spettacolo con Pamela Maffiolo e Maria Sole Rimodio. La produzione è di Davide e Monica Savaresi per Sava Produzioni Creative. Alla direzione musicale c’è Valeriano Chiaravalle. In scena con me ci sono sei musicisti straordinari: Gennaro Desiderio, Matteo Parisi, Lucas Bardella, Gianfranco Ferrigno, Antonio Ottaviano e Michele Maione. E poi il service dei ragazzi di Suono Vivo, da Bergamo. Sono sola in scena, ma non sono mai sola davvero.

Hai avuto un ruolo importante nell’emozionante produzione di netflix “Il treno dei bambini”, un progetto intenso e reale. Ti ha emozionato?

Moltissimo. L’adattamento di un romanzo che amo, la regia di Cristina Comencini, che ho sempre stimato… E poi la storia mi ha toccata da vicino: mia nonna Concetta, nel 1946, aveva solo sei anni ed è stata una di quei 70.000 bambini che presero quei treni della felicità per lasciare la miseria. Racconto anche questo nello spettacolo. È parte della nostra storia.

Qualche giorno fa ti ho visto prendere la metro e guardare Napoli con occhi pieni di meraviglia. La porti sempre con te?

È il mio marchio, la mia identità. Napoli è in fiore, è viva. Amo girarla a piedi, vivere le sue strade. Ho scoperto da poco il sottopasso del porto e sono rimasta a bocca aperta. Sono fiera di essere figlia di questa terra.


Sei rimasta la stessa ragazza che ho conosciuto nel 2005 a una festa all’ippodromo di Agnano. Ed è questo il motivo per cui ti amiamo tutti.

photo credit Anna Camerlingo

Pubblicato il
17/05/2025
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