Presicce-Acquarica è un comune del capo di Leuca istituitosi nel maggio del 2019.
Il comune dista diciassette chilometri da Santa Maria di Leuca, tacco e parte terminale della penisola italiana.
Con le sue imponenti opere architettoniche che mettono in risalto la pietra leccese, e le sue tradizioni storiche, Presicce-Acquarica è divenuto ormai luogo di sceneggiature e pubblicità illustri.
Andiamo adesso a conoscere la storia e la ricchezza dei monumenti di Presicce, per poi avvicendarci alla scoperta di Acquarica.
Località Presicce
Cenni Storici
L’etimologia latina del termine “Prae-situm-Prae-sitio” avvalora la tesi di Giacomo Arditi, storico presiccese, secondo la quale Presicce sia stata fondata nel IV sec d.C. a seguito di un lungo periodo di siccità durato ben tre anni, che costrinse i cittadini dei casali vicini ad occupare quest’area un tempo paludosa.
Altri invece fanno risalire l’origine della nascita di Presicce alla presenza dei monaci Basiliani, i quali vivevano nelle grotte vicine.
Importante, ma tralasciata negli anni, è stata la dominazione bizantina, che ha anticipato quella normanna, la quale ha lasciato impronte significative, dal valore artistico sino ad arrivare ai costumi e alle tradizioni.
Dal XIII al XIX secolo Presicce ha visto l’arrivo di numerose famiglie feudatarie, tra cui i De Liguoro e i Bartolotti.
A questi ultimi, i presiccesi devono il loro appellativo mantenuto negli anni di “Mascarani”.
Il principe Carlo Francesco Bartilotti, uomo avido e dedito al piacere, negli anni conquistò lo “Jus primae noctis”, ovvero il diritto di condividere la prima notte con le giovani donne spose del paese.
Probabilmente fu proprio questo che portò un uomo mascherato a sparare al Principe e ad ucciderlo.
Da qui i presiccesi rimasero marchiati a vita del loro soprannome “I Mascarani”.
La Chiesa Matrice di Presicce e la colonna di Sant’Andrea
La chiesa matrice, intitolata a Sant’Andrea e a Maria S.S. Assunta in Cielo, fu costruita nel 1778, eretta sulle rovine di un’antica chiesa del ‘500.
Questa costruzione viene considerata come una delle opere più affascinante della provincia, ed è una costruzione a chiaro sfondo tardo-barocco, scandito da paraste di ordine corinzio.
Ciò che resta della vecchia chiesa è invece l’antico campanile realizzato sempre in pietra leccese.
Con le sue maestose dimensioni è possibile scorgere la chiesa da diversi punti della città.
Essa ha una pianta a croce latina e, grazie alle sue aperture sommitali, ha il pregio di essere molto luminosa, il che permette un affascinante gioco di colori durante l’arco della giornata.
All’interno vi sono otto altari laterali arricchiti da decorazioni in stucco e da preziosi dipinti su tela realizzati da celebri autori locali come il Catalano.
L’altare maggiore, in rari marmi policromi, il fonte battesimale e le pile lustrali sono di scuola napoletana: grazie a delle recenti ricostruzioni è stato possibile individuare l’autore in Baldassarre Di Lucca.
Anche gli angeli ed il bassorilievo del Patrono sembrerebbero seguire la scuola di Di Lucca (la scuola napoletana), tanto da essere attribuiti alla bottega del celebre scultore Giuseppe Sammartino (autore del Cristo Velato).
Probabilmente gli scambi in chiave architettonica tra Presicce e Napoli sono stati resi possibili anche grazie all’affettuosa amicizia che legava il Marchese Arditi al Re Francesco I di Borbone.
Colonna di Sant’Andrea
Secondo alcune ricostruzioni storiche, il Principe Bartilotti, dopo il matrimonio con la baronessa di Salve, si trasferì a Presicce con la moglie ed il suo figlio primogenito.
All’età di soli quattro anni il piccolo Andrea morì, ed è per questo che il principe fece erigere la colonna di Sant’Andrea Apostolo, in memoria del figlio morto.
Frantoi Ipogei
Nel basso Salento, l’occupazione di grotte naturali o artificiali ha rappresentato un vero e proprio stile di vita da parte degli abitanti del luogo.
Oltre ad abitarci però, a Presicce, si è pensato anche di creare dei veri e propri luoghi di lavorazioni delle olive e di produzione dell’oro liquido salentino, ovvero l’olio.
Nel 1816 erano circa 23 i frantoi ipogei sotterranei, i quali avevano dunque, senza saperlo, realizzato una vera e propria città sotterranea.
In autunno, con la raccolta delle olive, si creavano delle squadre di lavoro di circa cinque uomini: tre trappetari, un ragazzino (turlicchiu) e un capo ciurma (nachiru).
Ogni “ciurma” aveva a disposizione due asini che dovevano far ruotare la macina.
Per l’intero autunno e inverno, i trappetari lavoravano giorno e notte, sacrificando talvolta anche la domenica.
L’olio prodotto era in gran parte venduto, e da Gallipoli partivano navi che lo distribuivano in tutta Europa.
I CURTI (le case a corte)
Nei centri storici salentini sono diffusissime le case a corte.
Consistono in ambienti scoperti intorno alle quali sorgevano diverse unità abitative con più accessi sulla strada.
Questo spazio, in cui è possibile trovare un pozzo, una pila, e in cui un tempo si trovavano anche animali, era condiviso dalle diverse famiglie che abitavano le unità. Ne sono esempi il rione Corciuli, che è una lunghissima corte con doppio accesso (dal rione Soronzi e da quello Padreterno), caratterizzata da uno strettissimo vicolo.
Palazzo Ducale di Presicce con i suoi giardini pensili
Il palazzo ducale di Presicce, con la sua imponente realizzazione, racconta circa mille anni di storia.
La struttura organizzata nei secoli ha seguito di pari passo l’evolversi delle casate baronali e principiali che si sono succedute dai Securo ai De Specola, ai De Balzo, ecc.
Si suppone che, essendo i Normanni un popolo guerriero, fosse già presente in quell’epoca un castrum che difendeva le prime abitazioni costruite all’epoca.
Le coperture degli ambienti interni al palazzo sono realizzate generalmente con volte a botte e a spigolo. Una grande sala, detta “del trono”, reca una copertura lignea a capriate.
È possibile, inoltre, individuare le quattro fasi storiche di realizzazione del palazzo: la prima è relativa al fortilizio medievale; la seconda fase avviene sotto la signoria dei Gonzaga, Cito Moles e dei Bartilotti; la terza avvenne sotto la guida dei De Liguoro che avviarono la ristrutturazione del cortile; ed infine la quarta ed ultima sotto la guida del duca Paternò.
Durante questa fase, il duca decise di far introdurre dei merli di gusto neogotico, secondo la moda eclettica del tempo, e di aggiungere nuovi corpi di fabbrica, come scuderie, magazzini, opifici nell’ala nord del palazzo.
Importantissima è la realizzazione dei giardini pensili, motivo di orgoglio dei presiccesi tutti.
Le aiuole circondano, in maniera simmetrica, una fontana del ‘700 di forma mistilinea, ombreggiata da un rigoglioso glicine. Grazie alla sua posizione rialzata, il giardino gode di una visuale privilegiata su piazza Villani, in cui è possibile ammirare la chiesa matrice, la colonna di Sant’Andrea e diversi palazzi nobiliari.
Altre bellezze di Presicce
Dove Dormire a Presicce?
Un’ottima soluzione per dormire nell’incantevole borgo di Presicce è rappresentata dall’affittacamere “Le Tre Sorelle”. Proprio come suggerisce il nome, la struttura presenta tre camere, ognuna delle quali prende il nome delle tre sorelle che gestiscono l’attività. Le camere includono due matrimoniali e una tripla, tutte pronte ad accogliere serenamente i propri ospiti. Situato nel centro storico del paese, a pochi passi dalla chiesa Madre, “Le Tre Sorelle” offre la possibilità di scoprire il borgo a piedi, senza dover utilizzare l’auto. Ogni giorno, gli ospiti possono gustare una squisita colazione grazie al buono “colazione” fornito per ogni ospite della struttura.
A completare il tutto, nella stessa corte, si trova la pizzeria XI Comandamento, aperta da quasi un anno, che offre servizio interno ed esterno. La caratteristica distintiva di questa pizzeria è l’utilizzo del forno a legna, a differenza delle altre pizzerie della zona che usano prevalentemente forni elettrici. Dunque, nell’accogliente borgo di Presicce, “Le Tre Sorelle” rappresenta una bellissima realtà a conduzione familiare che fa sentire i propri ospiti come a casa.
Località Acquarica
L’origine di Acquarica è molto simile all’origine di Presicce, entrambe vennero preferite perché luoghi con abbondanza di acqua.
Secondo alcune ipotesi, si prospetta che Acquarica venne abitata a partire dal XI secolo, quando avvennero due insediamenti: uno nella zona del castello, l’altro nella località di Celsorizzo.
Altre ipotesi prevedono che esistevano intorno al centro di Acquarica tre casali: Cardigliano, Ceciovizzo (oggi Celsorizzo) e Pompignano.
I primi due coesistevano con Acquarica, mentre per Pompignano la storia è leggermente diversa.
Tra il IX e XI secolo, i Saraceni distrussero Pompignano e costrinsero agli abitanti di trovare un nuovo rifugio che individuarono in Acquarica, data l’abbondanza di acqua. Più tardi, caduti i casali Ceciovizzo e Cardigliano, i loro abitanti vennero a ingrossare la popolazione di Acquarica, che nelle vecchie carte è contrassegnata con l’aggiunta «de Lama», che in latino significa laguna, ristagno d’acqua, dalla quale deriva il nome della contrada «Lama».
Questo ristagno scomparve dopo che si formò la «vora», che inghiottì tutte le acque, provocando il prosciugamento della zona.
Nel XII secolo Acquarica iniziò ad essere comandata dal Cavalier Guarino, che ne garantiva la protezione.
Nel XV secolo ritornò sotto l’egemonia del principe di Taranto.
Nel 1504 subentrarono i Guarino che la tennero fino al 1528 quando la perdettero per fellonia, avendo partecipato alla rivolta antispagnola a fianco dei francesi.
Da lì in poi Acquarica subì un vero e proprio calo demografico e di costruzioni urbanistiche, che cessò solo con la caduta del feudatario Giovanni Centellas, che nel frattempo aveva rinominato anche il paese sotto il nome di “Centellas”.
Cessato il breve dominio di costui, riprese il nome di Acquarica con l’aggiunta «del Capo», per distinguersi da una frazione omonima di Vernole. Nel XIX secolo divenne famosa la produzione locale di recipienti costruiti col giunco delle paludi del litorale ionico. Questa produzione fu premiata all’Esposizione mondiale di Vienna del 1873; da allora si cominciò a esportarlo in Europa ed oltre.
Castello di Acquarica
Il Castello di Acquarica è per eccellenza il cuore dell’intero borgo, attorno al quale si è sviluppato l’intero casale.
Ad oggi però resta una parte dell’antico fortilizio con una delle quattro torri.
È conosciuto come castello medievale anche se, a seguito delle varie ristrutturazioni del ‘400, ha assunto un aspetto prettamente rinascimentale.
Il castello era probabilmente cinto da fossato, colmato in parte in seguito: in un documento del 1688 si parla, infatti, di un «loco detto lo fosso de lo castello» e nel 1821 la strada alle spalle della fortezza (l’attuale via G. Bruno) era ancora chiamata «strada del fosso». Vi sono diversi stemmi araldici sulla struttura, dai Guarino allo stemma dei Centellas.
La torre superstite rappresenta la fase di potenziamento militare della struttura, presumibilmente databile al XVI secolo. Il piano inferiore ospita il museo del giunco.
Nel cortile interno si affaccia la cappella palatina dedicata a S. Francesco d’Assisi. Il portale rinascimentale introduce in un vano voltato sulle cui pareti si scorgono diversi lacerti pittorici e il catino absidale con dipinti ancora celati inglobato nelle murature successive, testimonianza della prece – dente chiesa medievale. Recenti lavori di restauro hanno individuato sul pavimento numerose tombe di varie epoche e in fase di studio.
Chiesa di San Carlo
La Chiesa di San Carlo, situata nella piazza omonima di fronte al castello, è stata costruita nel XVII secolo da Fabrizio Guarino Junior in seguito a un miracolo associato a mons. De Rossi durante una visita pastorale alla Diocesi di Ugento nel 1711. Il barone, malato nonostante la sua ricchezza, chiese l’intercessione di San Carlo Borromeo e fece un voto di edificare una chiesa in suo onore. La sua febbre scomparve immediatamente, e dopo essere stato guarito, il barone costruì la chiesa di fronte al suo castello.
Il campanile ha uno stile essenziale, ma la sommità è in stile barocco. Fino agli anni ’60, accanto alla facciata c’era l’antica torre dell’orologio. Un’epigrafe latina del 1772, trovata tra i suoi resti, è stata collocata fuori dal muro est dell’edificio e recita: “I tempi che passano qui vengono segnati e le ore che la pallida morte miete veloce all’uomo. Anno della Redenzione 1772”.
All’interno, la chiesa ha una doppia navata. La navata sinistra è più grande, composta da tre campate, con l’altare maggiore lapideo sul presbiterio. La navata destra ha un’origine incerta, ma è stata costruita almeno nel 1664, anno in cui è stato eretto l’altare dell’Annunciazione di Maria. La balaustra originale è stata rimossa dopo il Concilio Vaticano II e ora è conservata nella sagrestia.
La navata sinistra presenta tre altari: uno dedicato alla Madonna del Rosario con una tela del XVII secolo, uno dedicato a San Carlo del XVII secolo in stile barocco e uno dedicato alla Vergine Immacolata con linee rococò e tre statue lapidee. Nella navata destra c’erano tre altari, ma solo l’altare dell’Annunciazione, voluto da Giovanni Antonio de Capo nel 1664, è rimasto.
All’interno della chiesa, ci sono vari manufatti di valore, inclusi quelli del Patrono, dell’Immacolata e della Madonna del Rosario, che probabilmente provengono da Napoli e dalla regione salentina, testimoniando il rapporto tra il patriziato locale e le influenze artistiche della Capitale.
Museo del Giunco
Il museo nel castello di Acquarica celebra l’antica tradizione artigianale locale della lavorazione del “paleddhu”, un tipo di giunco palustre. Questa abilità artigianale risale almeno al Settecento e coinvolgeva la raccolta di giunchi flessibili da zone umide nel Salento, come le paludi tra Ugento e Salve e quelle di Acaya e Avetrana.
Dopo la raccolta, i giunchi venivano trattati immergendoli in acqua bollente e quindi essiccati all’aria aperta per ottenere una tonalità giallastra. La fase di zolfatura conferiva al giunco colore e duttilità, rendendolo adatto all’intreccio. Le “spurtare”, le abili intrecciatrici, creavano oggetti quotidiani come fuscelle per la ricotta e “sporte” per la raccolta delle olive, nonché oggetti decorativi di alta qualità.
Nel XIX secolo, la lavorazione del “paleddhu” raggiunse l’apice del successo, con riconoscimenti internazionali come l’esposizione mondiale di Vienna nel 1873. Tuttavia, nel corso del tempo, l’arte dell’intreccio in giunco declinò e sopravvisse solo marginalmente fino agli anni ’60-’70 del secolo scorso, quando solo poche donne conoscevano ancora l’arte del “paleddhu”. Oggi, l’attività è quasi estinta, ma alcune aziende locali continuano a mantenerla viva proponendo oggetti moderni dal design innovativo realizzati con il “paleddhu”.
Altre bellezze di Acquarica
Feste e ricorrenze di Presicce-Acquarica
I festeggiamenti religiosi a Presicce-Acquarica includono celebrazioni in onore della Madonna dei Panetti, San Luigi, la Madonna del Carmine, la Madonna del Ponte, San Carlo e Sant’Andrea. Per la festa di San Carlo, in passato gli abitanti allevavano un maiale durante l’anno, che vagava per le strade mangiando avanzi offerti dalle famiglie. Il maiale veniva poi macellato e venduto per finanziare i festeggiamenti.
La festa di Sant’Andrea a Presicce include la tradizione della “focareddha”, un falò acceso la vigilia del Santo per scaldarsi e celebrare il periodo freddo che inizia con Sant’Andrea. Questa tradizione si è trasformata in uno spettacolo con momenti religiosi e artistici, compresi fuochi d’artificio.
Un’altra tradizione è “lu tamburreddhu”, in cui musicisti suonano brani legati alla tradizione bandistica durante la novena di Sant’Andrea. Questo evento coinvolge tutta la comunità e si creano legami tra i cittadini e i musicisti.
Le feste civili comprendono “Presicce in mostra”, un evento estivo nato nel 1999 in cui luoghi culturali pubblici e privati vengono aperti alle visite. Si tratta di chiese, palazzi, frantoi ipogei e giardini, accompagnati da intrattenimenti musicali, rappresentazioni teatrali, degustazioni e rievocazioni storiche.
Per info https://www.prolocopresicce.info/presicce-in-mostra/
Le tradizioni festose sono radicate nella storia locale e offrono momenti di condivisione e celebrazione della cultura e delle festività.
La “Sagra del Grano,” ora nota come “Grano in Festa,” è un evento che ha avuto origine nel 1993 grazie all’Arci di Acquarica, che ha organizzato una festa in un cortile del Corso Matteotti per celebrare un documentario sulla produzione del grano. Nel 2006, l’evento è stato ripreso e trasferito nell’affascinante complesso di Celsorizzo, caratterizzato dalla torre fortificata e dalla torre colombaia, con sculture di paglia (realizzate grazie a un gemellaggio con la Croazia) sparse nell’area.
Per info https://prolocoacquarica.wixsite.com/prolocoacquarica
Questa manifestazione si svolge di solito nell’ultimo fine settimana di luglio o nel primo di agosto e include la preparazione di piatti tradizionali come “lu ranu stumpatu” (grano cotto condito con sugo e ricotta forte). Ci sono anche concerti, mercatini, visite guidate, convegni e corsi di cucina e intreccio del giunco.
“Colori dell’Olio” è un evento nato nel 2009, inizialmente come una sagra dedicata all’olio d’oliva, prodotto rappresentativo di Presicce grazie alla tradizione dei frantoi ipogei e all’economia olearia locale. Questo ha contribuito a far diventare Presicce una “Città dell’Olio.” Inizialmente tenutasi in Piazza del Popolo, la sagra presentava esibizioni di prodotti oleari da parte di aziende locali e piatti tipici, accompagnati da spettacoli musicali serali.
Nel corso degli anni, l’evento è evoluto in un festival musicale di grande rilievo, sempre mantenendo l’aspetto culinario. Artisti di calibro come Francesco De Gregori, Max Gazzè, Piero Pelù, Nek, Fabrizio Moro e Noemi sono stati presenti in diverse edizioni.