Piazza del Plebiscito è tra i luoghi must-visit del capoluogo campano il cui fascino è racchiuso non solo nella bellezza, bensì anche nella storia che li impregna. Ogni angolo di Napoli, ogni chiesa, ogni piazza, ogni quartiere, tutto nella bella città partenopea ha un racconto celato.
Napoli, patria del mito e della leggenda
Popolo vissuto per secoli sotto varie dominazioni, i napoletani hanno saputo prendere dallo straniero ciò che necessitavano per plasmare l’identità della città, senza mai dimenticare le proprie origini. La lingua, il cibo, i miti e le leggende: Napoli ha mille sfaccettature da mostrare, tutte strettamente collegate alla sua anima composta dai ricordi di una moltitudine di padroni susseguitisi nel tempo. Insomma, la tua visita a Napoli non sarà mai soddisfacente al 100%, dovrai tornarci per forza e, ogni volta, scoprire qualcosa di nuovo!
In questo articolo, ti narriamo una leggenda che riguarda la centralissima Piazza del Plebiscito. A quanto pare, è misteriosamente e curiosamente arduo intraprendere un cammino retto che la attraversa in lungo, nei 170 metri che separano il Palazzo Reale dalla Basilica di San Francesco da Paola.
Ci hai già provato?
Le origini: Largo di Palazzo
Ebbene, prima di raccontarti la storia e spiegarti perché è impossibile portare a termine questa sfida che appassiona autoctoni e turisti da tempo, è importante fare un’infarinatura sulle origini e la struttura dell’imponente piazza, uno degli emblemi della città. Passeggiando per il centro di Napoli, troverai Piazza del Plebiscito appena prima di giungere al lungomare Caracciolo, al termine di via Toledo. Con i suoi circa 25.000 metri quadrati, il largo partenopeo entra a pieno titolo nella classifica dei più grandi della città e d’Italia.
Oggi sede di importanti manifestazioni e concerti, la piazza era originariamente uno slargo che esisteva già nella seconda metà del ‘500. Era stato creato per dare spazio all’entrata al palazzo Vicereale e voluto da Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, viceré di Napoli, per conto di Carlo V d’Asburgo.
Tuttavia, lo spiazzò cominciò ad assumere importanza circa cinquant’anni più tardi con l’edificazione dell’attuale Palazzo Reale di Napoli, progetto affidato a Domenico Fontana. L’architetto tardorinascimentale pensò ad una residenza che, a differenza del passato, non fosse più rivolta verso la strada cittadina (via Toledo), bensì verso il nascente spiazzale, dando un effetto architettonico molto scenografico.
I lavori durarono per più di due secoli (si conclusero nel 1858) e il cosiddetto Largo di Palazzo, primo vero nome dell’odierna Piazza del Plebiscito, divenne ben presto il cuore pulsante della città, riuscendo a coinvolgere anche la classe aristocratica, fino ad allora tenutasi ben lontana dal centro storico.
Tra francesi e spagnoli fino al Regno d’Italia
Nel corso dei secoli, il palazzo reale fu dimora di numerosi viceré e re. Tuttavia, nonostante il largo che lo abbracciava non avesse la vera e propria conformazione di una piazza, nessuno dei regnanti si preoccupò mai di predisporre un progetto per migliorarne l’aspetto.
Fu solo agli inizi del 1800, con la parentesi del Decennio Francese, che la piazza cominciò a cambiare volto. Sulla scia dei vasti progetti urbanistici che stavano investendo la Francia e l’Europa illuminista, il nuovo re Gioacchino Murat predispose un progetto per trasformare lo slargo irregolare in una vera e propria piazza geometricamente definita, sia per dare maggiore rilevanza alla residenza reale sia per donare grandiosità architettonica al Largo di Palazzo.
Il modello monumentale scelto dai napoleonici vedeva due quinte architettoniche contrastanti (il porticato semicircolare) affiancati da elementi neutri (il palazzo principale e i palazzi gemelli). Murat sancì, così, l’inizio dei lavori di una nuova struttura urbanistica per lo slargo e, contemporaneamente, di ciò che sarebbe stato denominato, in suo onore, Foro Gioacchino.
Il dominio dei Borbone e Piazza del Plebiscito
Il progetto di creare una struttura di elogio ai fasti napoleonici fu interrotto dal ristabilimento sul trono di Napoli del re Ferdinando IV di Borbone (1816) il quale, tuttavia, non disdegnò totalmente il disegno del progetto francese della piazza. Decise, infatti, di mantenere la struttura semicircolare e i due palazzi gemelli (oggi Palazzo della Prefettura e Palazzo di Salerno), ma promosse la realizzazione di un Foro Ferdinandeo (al posto del Foro Gioacchino) e l’edificazione di una chiesa cristiana consacrata a San Francesco da Paola, santo a cui si era affidato per la restaurazione della sua corona nel regno di Napoli.
Dinanzi ad essa, poi, furono erette due bellissime *statue equestri raffiguranti Carlo III di Borbone e suo figlio Ferdinando I. Così, nel 1846, fu inaugurata ufficialmente la piazza Ferdinandea, o altrimenti detta di San Francesco di Paola, con la splendida struttura che vediamo oggi.
Circa quindici anni più tardi, poi, un plebiscito sancì l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia (1860). Per l’occasione, la bellissima piazza partenopea assunse il suo nome odierno in onore di questo evento e, da allora, fu rinominata Piazza del Plebiscito.
*Curiosità: in realtà, le statue equestri vennero commissionate durante il periodo francese per raffigurare Napoleone Bonaparte. In seguito, con la restaurazione dei Borbone nel regno di Napoli, si decise di conservare i destrieri e optare per il solo cambio dei cavalieri!
La leggenda della Regina Margherita
Come avrai potuto notare, passeggiare negli enormi spazi della piazza partenopea per eccellenza è come passeggiare nella storia! La sfida di cui ti vogliamo parlare in questo articolo viene proprio da un curioso racconto del passato che sfiora i limiti della leggenda.
Le statue equestri di Canova che si ergono fiere dinnanzi alla Basilica si fanno protagoniste di una simpatica prova che le persone del luogo ti inviteranno a superare. Si tratta di tentare di percorrere bendati i 170 metri che intercorrono tra l’ingresso del Palazzo Reale e le suddette statue. In altre parole, letteralmente attraversare la piazza in lungo, da un estremo all’altro.
Attenzione, però: la sfida può dichiararsi superata solo se si passa esattamente al centro delle due sculture. Facile, no? Non ci si può di certo perdere camminando diritto, anche se bendati. Eppure, pare che nessuno ci sia mai riuscito! Ad oggi, coloro che si sono cimentati nella prova, si sono ritrovati “misteriosamente” sbandati verso la direzione del Caffè Gambrinus (sulla destra) o di via Cesario Console (sulla sinistra).
Prima ancora di chiedersi come mai succede questo, la vera domanda è: perché qualcuno avrebbe dovuto provarci?
La presunta magnanimità della regina Margherita di Savoia è all’origine di una leggenda che riguarda il curioso caso. Si narra che la sovrana fosse solita concedere la libertà ai suoi prigionieri una volta al mese a patto che riuscissero, per l’appunto, a percorrere in linea retta il grande piazzale, passando esattamente in mezzo alle due statue equestri. Sorprendentemente, nessun galeotto riuscì mai a compiere il percorso, proprio come succede ancora oggi a chi ci prova. Col tempo, poi, la fantasia napoletana ha tramandato la leggenda secondo cui esista da allora una maledizione della regina che, ancora oggi, a distanza di secoli, impedisce di riuscire nell’impresa.
La struttura di Piazza del Plebiscito, la vera responsabile
Volendo trascendere dal fascino indubbiamente seducente del folklore, esiste una spiegazione pratica (e, di certo, meno fantasiosa) al perché sia quasi inevitabile smarrirsi, pur seguendo un percorso retto. La famosa piazza partenopea dove si affacciano i cafè più chic della città non ha una forma regolare: è semicircolare dalla Basilica fino alla metà dello slargo circondato dal colonnato, mentre dalla chiusura dell’emiciclo fino al Palazzo Reale è rettangolare. È circondata dai due edifici gemelli, Palazzo della Prefettura e Palazzo Salerno, posti l’uno di fronte all’altro, quasi a vigilare sull’ampio passeggio delimitato dal Palazzo Reale.
Con siffatta struttura, la piazza assume un incredibile effetto scenografico, grazie al quale sembra di potersi immergere in uno spazio tendenzialmente infinito, ma in realtà abbracciato da stupende strutture architettoniche e adornato da imponenti statue, figlie dell’estro di Canova. La sua superficie molto ampia, però, non presenta punti di riferimento concreti ai quali la nostra percezione dello spazio possa appellarsi. Presumibilmente, è proprio questo che può portare con facilità a perdere il senso dell’orientamento e a smarrirsi in uno spazio strutturalmente sconnesso.
Insomma, maledizione o no, questa resta una delle esperienze da fare a Napoli per poterla vivere a 360 gradi. Provaci!