Grande interesse di pubblico al porto di Napoli dall’8 al 16 febbraio scorso per la visita alla nave Mare Jonio, unica imbarcazione civile battente bandiera italiana impegnata nei soccorsi ai migranti nel Mediterraneo e precisamente sul tratto di mare tra la Libia e il Canale di Sicilia dove si registra il più alto tasso di mortalità tra le rotte migratorie globali.

Il tutto grazie all’opera dell’associazione Mediterranea Saving Humans – fondata nell’estate 2018 – proprietaria della nave e molto attiva nel monitoraggio e nel controllo dei confini. Nel contesto delle attuali politiche migratorie europee, sempre più restrittive e orientate a tale controllo, essa ha sviluppato un modello di intervento che – oltre all’azione diretta – comprende la denuncia delle violazioni dei diritti umani, nonché la pressione sulle istituzioni per il rispetto del diritto internazionale.
Il fenomeno è angosciante. Dal 2014 oltre 30.000 persone hanno perso la vita o sono scomparse nel Mediterraneo centrale, trasformando questa rotta nella più letale al mondo.
Mediterranea Saving Humans nasce dall’iniziativa di un gruppo eterogeneo di persone che – a cinque anni esatti dalla tragica strage di migranti al largo di Lampedusa, avvenuta il 3 ottobre 2013 – decideva di agire fornendo risposte circa l’eventuale chiusura dei porti italiani e l’assenza di operazioni di soccorso istituzionali. Così, nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 2018, la nave Mare Jonio salpava dal porto di Augusta per la sua prima missione di soccorso, inaugurando un’azione di solidarietà dal basso per difendere il diritto alla vita in mare.

Di cosa si occupa la Mare Jonio
«La Mare Jonio – spiega Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans – agisce laddove il soccorso da parte degli Stati è di fatto sospeso o, peggio, affidato alle guardie costiere libiche e tunisine che operano dei veri e propri respingimenti nei confronti dei migranti. Va da sé – aggiunge la presidente Marmorale – che tali respingimenti si fanno beffa della tutela dei diritti umani nonché dei principi base delle politiche di accoglienza».
Oltre alle operazioni di soccorso, la nave sopracitata svolge un’azione di monitoraggio fondamentale, documentando i naufragi spesso ignorati dalle autorità. «Se non ci fossero state le organizzazioni della società civile – precisa la presidente – quello che è successo ai 32 uomini che scappavano dalla Libia e ritrovati sulla piattaforma petrolifera nel Mediterraneo centrale, non sarebbe venuto alla luce. E forse oggi staremmo parlando del nulla in quanto sarebbero stati tutti morti».

L’azione di Mediterranea non si limita alle sole operazioni marittime, bensì anche alle rotte terrestri: dall’Ucraina al villaggio di At-Tuwani nella zona di Masafer Yatta in Cisgiordania per un progetto di interposizione non violenta accanto al movimento Youth of Sumud della popolazione palestinese.

A livello internazionale – stante la grande mole di disfunzioni operative da parte delle autorità marittime europee relative a omissioni di soccorso, ritardi intenzionali e respingimenti verso la Libia e la Tunisia – Mediterranea rappresenta un modello alternativo di gestione delle emergenze migratorie degli Stati UE prendendo parte al Civil Fleet, rete comprendente 24 organizzazioni che operano con oltre 20 navi e velivoli nel Mediterraneo.
In questo scenario l’organizzazione italiana si erge come simbolo di resistenza e di azione concreta sfidando le norme restrittive e denunciando le violazioni dei diritti umani che avvengono quotidianamente. «Il nostro primo obiettivo sarebbe quello di scioglierci, perché significherebbe che non c’è più bisogno di una nave civile per fare quello che gli Stati dovrebbero garantire» dichiara la presidente Marmorale, sottolineando che al momento c’è ancora necessità; infatti, la Mare Jonio si sta preparando per tornare in mare il prima possibile nel 2025.

La missione di Mediterranea Saving Humans non è solo salvare vite, ma anche scuotere le coscienze e dimostrare che un’alternativa solidale è possibile. Il mare non può essere un cimitero. Chi lotta per la vita non deve mai essere lasciato solo.