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Non una di meno, una battaglia necessaria. No alla violenza sulle donne.

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Cari amici e lettori di In Italy, scrivo questo editoriale nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

L’ultima settimana di cronaca è stata segnata dal femminicidio di Giulia Cecchettin, una ragazza di 22 anni uccisa con decine di coltellate (prima di essere gettata in un dirupo) dall’ex fidanzato. Non lo nomino perché mi disgusta persino scrivere le sue generalità.

La “colpa” di Giulia era semplicemente quella di voler essere libera e indipendente, di essere riuscita a laurearsi prima di lui, di avere una voglia di vivere che evidentemente lui non poteva controllare.

Le donne sono persone non sono cose, così diceva mia Madre che fu fra le prime firmatarie della legge che, nel febbraio del 1996, introdusse il principio che la violenza sessuale fosse un reato contro la persona.

In questi anni le norme sono state più volte aggiornate, le pene più volte inasprite. Ma il numero dei reati contro le donne è cresciuto. Ma è cresciuta, soprattutto, la percezione di insicurezza che hanno le nostre donne che ha raggiunto livelli inaccettabili. E l’idea che ci si possa in qualche modo abituare al fatto che, nel nostro paese, vi sia un femminicidio ogni tre giorni è terribile.

Serve una mobilitazione di tutti, e una presa di coscienza reale del problema. Questa battaglia non può essere lasciata sulle spalle delle donne, condannandole ulteriormente alla solitudine. Riguarda tutti noi, nessuno escluso. Ho partecipato a un interessante dibattito a Napoli che riguardava la violenza sulle donne e che ha visto la partecipazione di tante donne, rappresentanti dei centri anti violenza, assistenti sociali, animatrici di associazioni che si occupano di questi temi con dedizione e passione.

La responsabilità della politica, a vari livelli, è di mettere le leggi in gazzetta ufficiale, non i post sui social. E di investire una significativa quota di risorse pubbliche per potenziare il lavoro sul territorio dei cav e incrementare il numero degli assistenti sociali.

Alle forze dell’ordine, alla magistratura e a chiunque si occupa di Giustizia la richiesta di essere rapidi, certi, non negligenti. Perchè spesso e volentieri le denunce servono a poco, se poi l’iter che ne consegue è farraginoso e lento.

Alla pubblica opinione, a noi giornalisti, tocca la responsabilità di non spegnere le luci dei riflettori su questa battaglia e di non accenderle solo quando c’è da mettere in moto la devastante industria del dolore che serve solo a fare qualche punto di share in più o a vendere copie dei giornali. Ma occorre, infine, una grande rivoluzione culturale che parta necessariamente dalle famiglie e nelle famiglie.

La scuola può dare il suo contributo contro la violenza sulle donne ma è fra le quattro mura domestiche che si gioca la partita più importante. Se è vero che il mondo cambia con gli esempi e non con le parole, direi che è arrivato il momento di metterci in cammino.

Pubblicato il
25/11/2023
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