L’elezione di Papa Leone XIV rappresenta certamente una ventata di aria nuova nella storia plurisecolare di Santa Romana Chiesa. È la prima volta, infatti, che un americano viene eletto erede di Pietro.
La fumata bianca, avvenuta intorno alle 18 di ieri, faceva pensare che il successore del compianto Papa Francesco potesse essere il Segretario di Stato, Cardinale Pietro Parolin. Io stesso ero convinto che la scelta fosse caduta su di lui. Ma, ancora una volta, chi nel conclave entra Papa spesso ne esce Cardinale.
Non sapremo mai come si siano svolte le trattative che hanno portato al soglio pontificio il Cardinale Prevost, ma è indubbio che la sua elezione abbia colto di sorpresa un po’ tutti. Si tratta di un agostiniano pragmatico ed equilibrato, fortemente voluto da Bergoglio a Roma per dirigere il delicatissimo Dicastero per i Vescovi. Si è formato in Perù, mostrando doti che evidentemente non sono passate inosservate al Papa argentino.
Le sue posizioni molto nette sui migranti lo hanno portato ad attirarsi, in queste ore, gli strali dell’ultradestra americana, che vede in Leone XIV un possibile anti-Trump. Non c’è dubbio che si tratti di una assurda banalizzazione, così come è da respingere la ridicola affermazione di “marionetta del marxismo”.
Le prime parole di Leone XIV sono state molto chiare e vanno nella direzione indicata dal suo predecessore. La definizione, assai emblematica, di “pace disarmata e disarmante” chiarisce senza ombra di dubbio il carattere risoluto e il lessico trasparente del nuovo Vescovo di Roma. Anche la scelta del nome suggerisce che il Papa avrà un’attenzione particolare ai temi sociali e del lavoro.
Il fatto che abbia un’età “giovane” rappresenta certamente un elemento positivo, perché lascia pensare che avrà tutta la forza, oltre che la volontà, di portare la voce di Dio in tutto il mondo, seguendo il solco tracciato da Papa Francesco e, ancor prima, da Giovanni Paolo II.
Sarà interessante ascoltare le sue posizioni sui conflitti internazionali, anche alla luce del fatto che, sia in Ucraina sia in Medio Oriente, le trattative per il cessate il fuoco appaiono sempre più complicate. L’asse Cina-Russia, ulteriormente rinsaldato dall’incontro fra Putin e Xi, costringe l’Occidente a riorganizzarsi.
Nel vuoto della classe politica europea, divisa fra leadership nazionali ma priva di un primus inter pares riconosciuto da tutti gli Stati membri, non c’è dubbio che il ruolo della Chiesa cattolica diventi sempre più importante. Non si chiede certamente al Papa di supplire alle mancanze della politica, ma è evidente che la figura di Leone XIV, eletto con un consenso molto vasto e capace di unire la stragrande maggioranza dei Cardinali Grandi Elettori provenienti da tutto il mondo, risulterà fondamentale in questo delicato tornante della storia.
Sarebbe sbagliato chiedere a una personalità forte, benché mite, come quella del Cardinale Prevost, di “imitare” Bergoglio. È ragionevole attendersi, piuttosto, ciò che un raffinato uomo e intellettuale di Chiesa, don Tonino Palmese, mi disse alla vigilia del conclave: il nuovo pontefice avrebbe dovuto rappresentare un elemento di innovazione nella continuità. Continuità nei tratti fondamentali del pontificato di Francesco, ma innovazione nel modus operandi. Ogni Papa è diverso dall’altro.
Sarebbe quindi auspicabile evitare paragoni tra il Santo Padre che è volato in cielo e colui che ha preso il suo posto. Per tutti noi — laici e cattolici, credenti e non — che abbiamo a cuore la pace, la convivenza civile, il rispetto dei popoli e la concordia, la speranza è che le parole molto chiare espresse nel suo primo discorso da Papa Leone XIV possano rappresentare il viatico verso una pacificazione mondiale tanto faticosa da raggiungere, eppure così desiderata da ciascuno di noi.
Buon lavoro, Santità.
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