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Il Presepe dei Netturbini compie 50 anni

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Roma, Caput Mundi, è un autentico museo a cielo aperto dove persino una pietra apparentemente insignificante può avere la sua importanza storica. Potrebbe essere definita banalmente “lasagna” in quanto, nel corso dei secoli, lo sviluppo urbano è avvenuto col sovrapporsi di diversi strati a partire dai tesori che custodiscono le porzioni sotterranee più antiche.

Nella Città Eterna, persino i romani ignorano l’esistenza di curiosità e di luoghi tra i più suggestivi al mondo.

Per l’appunto, al civico 5 di Via dei Cavalleggeri, stradina che fa capolino su un emiciclo del colonnato, la Sala Nervi e la Residenza Santa Marta, c’è un luogo dove non pensereste mai che esiste un’insolita mostra permanente. In una delle sedi AMA del quartiere Aurelio, a pochi passi da Piazza San Pietro e dall’omonima stazione ferroviaria, c’è un piccolo tesoro nascosto.

Quanti di voi sanno di cosa stiamo parlando?

 

Il progetto ambizioso di un “artista” netturbino

Ebbene, si tratta del Presepe dei Netturbini. Che significa netturbino? Per chi non è romano, l’acronimo AMA sta per Azienda Municipale Ambiente, società per azioni del Comune di Roma che si occupa di raccolta dei rifiuti e della pulizia delle strade cittadine, un tempo definita “nettezza urbana”. Dunque, due netturbini, che oggi chiameremmo operatori ecologici, Giuseppe Ianni e Dandolo Foglietta diedero vita a un vero capolavoro.

Tutto ebbe inizio in un ex garage dell’Ama e, ai colleghi increduli che gli chiedevano cosa stessero facendo Ianni rispondeva: «Farò il presepe più bello di Roma e verrà a vederlo anche il Papa». Ideò e realizzò questa impresa circondato da tanto scetticismo, ma il tempo gli diede ragione.

 

Il 50 compleanno della “piccola” Betlemme

Esattamente 50 anni fa, nel 1972, il presepe vide la luce grazie alla perseveranza e all’impegno dell’operatore Ianni, in primis, e di Foglietta.

In seguito, quando capirono l’importanza e la portata di tale impresa, diversi colleghi collaborarono per creare una fedele miniatura della Natività di Betlemme, riproducendo tutte le costruzioni tipiche della Palestina di 2000 anni fa. In 3 mesi, dedicando le ore libere e lavorando fino a tarda notte, riuscirono a portare a compiere una missione davvero impossibile.

Anche se si tratta di un’esposizione permanente, visitabile in forma gratuita e su appuntamento, si trasforma in qualcosa di speciale nel periodo natalizio.

Finalmente, dopo due anni di pandemia, l’8 dicembre scorso, la mostra è stata riaperta al pubblico ma, ahimè, Ianni è venuto a mancare nel giugno scorso, non potendo assistere alla celebrazione del 50° anniversario dalla sua inaugurazione. L’artista netturbino ha dedicato la sua vita ad impreziosire ed abbellire la sua “creatura”, anno dopo anno, anche dopo il suo pensionamento.

 

Il presepe in cifre

L’ampio paesaggio della rappresentazione sacra è animato dalla presenza di 270 personaggi, 163 pecorelle, 12 cammelli, 8 asinelli, 8 buoi e persino 4 cani. 100 sono le casette in tufo romano e tutte illuminate, realizzate con una straordinaria dovizia di particolari, con i loro rispettivi 100 portoncini in legno e 160 finestrelle.

Suggestivo il caminetto fumante: e, poi, ancora 54 metri di strade che portano al bambinello. 40 ceppi che indicano la genealogia di Gesù, a partire da Abramo, saltando Giuseppe che non procreò, a quella di Gesù. 4 sorgenti d’acqua, 2 pareti che formano stalattiti, 1 pozzo, 730 gradini (400 costruiti dal marmo del colonnato berniniano, il resto con pietre dalla Birmania, Betlemme, dei Santuari di Greccio e San Giovanni Rotondo.

24 grotte ricavate dalla roccia che ospitano stalle, rifugi per i pastori e le loro greggi, magazzini e botteghe. 50 sacchi contenenti cereali, sale e farina cuciti a mano e donati da una nobildonna romana; 3 fiumi che coprono in totale una lunghezza di 9,50 metri sormontati da 7 ponti e, infine, 4 acquedotti lunghi complessivamente 18 metri.

1 colomba, simbolo dello Spirito Santo è dono della pittrice Anna Minardo: è adagiata sopra la grotta al centro dei raggi in legno di ulivo di Betlemme. Spettacolare l’atmosfera creata dalla discesa degli Angeli dal cielo e l’avvicendarsi del giorno e della notte.

 

Il Presepe dei Papi e dei romani

Il visitatore che entra, inevitabilmente, sembra partecipare in prima persona alla nascita di Gesù. Secondo il netturbino, ci si ricarica di allegria e, per questo, lo definì il “Presepe della Gioia”. Una video guida con sottotitoli in inglese e il video nella lingua italiana dei segni vengono proiettati quasi a voler sottolineare e ribadire il carattere globale ed inclusivo.

Più che esposizione è un luogo di raccoglimento e preghiera visitato in ogni momento dell’anno da romani e turisti ma, ovviamente, soprattutto in concomitanza delle festività natalizie. Visitatori speciali e di rilievo tra cui vescovi, cardinali e papi.

Un legame intrinseco e profondo tra i pontefici e la “piccola Betlemme” condusse qui Papa Paolo VII a renderle omaggio. Giovanni Paolo II ne era talmente  innamorato da recarvisi ogni anno, dal 1978 al 2002. Vale a dire 24 volte durante il suo pontificato, un consueto appuntamento in occasione del Natale con Ianni ed i colleghi netturbini.

Secondo Papa Benedetto XVI, il Presepe dei Netturbini equivaleva a ripercorrere il pellegrinaggio alla Grotta Santa dove è nato il Cristo Redentore. Ad ammirare tale meraviglia, anche Madre Teresa di Calcutta. In occasione del 40° anniversario nel 2012, la Madonna Pellegrina di Fatima venne portata in processione dal Cardinal Bertello proprio per suggellare questo intimo vincolo. Oltre due milioni di persone hanno visitato il presepio durante questi 50 anni, tra cui numerosi sindaci di Roma e autorità come il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

 

Simbologia dell’opera

Il presepe si ispira chiaramente alle Sacre Scritture ed è, pertanto, ricco di simbologia: vi sono, infatti, dei mattoni che richiamano alla mente la schiavitù d’Egitto. Per di più, la presenza di sacchi di grano, ci ricordano l’episodio biblico in cui San Giuseppe fu venduto dai fratelli, la bottega del carbone rappresenta la purificazione delle labbra profeta Isaia (col carbone ardente) da parte di un angelo del Signore.

La fontanella dell’acqua simboleggia Mosè che, per volere di Dio, col suo bastone colpì la roccia e fece sgorgare l’acqua. Quest’ultima, inoltre, viene identificata con la vita poiché, in sua assenza, ogni essere vivente morirebbe a stretto giro. I sacchi di lenticchie ricordano l’episodio di Esaù che, affamato, vendette la sua primogenitura al suo gemello Giacobbe. I materiali utilizzati arrivano da luoghi sacri come il legno di ulivo di Betlemme (porticina della Natività), le rocce dal Santuario di Greccio (connesso alla figura di San Francesco d’Assisi) o quella del Santuario di Rocca Porena di Cascia (reliquia del Sacro Scoglio dove Santa Rita da Cascia si inginocchiava a pregare).

Le oltre 2300 pietre sono il dono dei visitatori di tutto il mondo che hanno voluto contribuire ad un’opera così toccante. Ianni non chiese mai donazioni in denaro per non “inquinare” lo spirito più puro e genuino della sua creazione, bensì preghiere e pietre.

Per la sua realizzazione, vennero utilizzati dei frammenti di marmo della facciata e del colonnato della Basilica di San Pietro che vennero rimossi per il restauro del 1998. Vi sono persino pezzi provenienti dal pianeta Marte e pietre lunari. Egli stesso affermò che questo luogo era divenuto l’unione dei popoli davanti a Gesù. Una sorta di abbraccio universale, emblema di Pace e Fratellanza.

Info e orari:

Via dei Cavalleggeri, 5 – Roma

Dal 15 dicembre al 31 gennaio, tutti i giorni dalle 08.00 alle 20.00;

dal 1° febbraio al 14 dicembre, tutti i giorni dalle 09.00 alle 19.00;

Domenica e festivi dalle 08.00 alle 11.30.

L’ingresso, gratuito per tutti, va necessariamente prenotato attraverso il sito www.amaroma.it

 

 

 

Pubblicato il
5/12/2022